Io e Harri Holkeri

Da Kruununhaka a Montesacro, passando per Kannelmäki

È successo un agosto di cinque anni fa. Una storia piccola, piccolissima se vogliamo, se vista nel quadro complessivo delle mille cose che accadono in una vita. Ciononostante, una storia degna di nota, perché insomma, Harri Holkeri non è proprio una persona che si incontra tutti i giorni.

Innanzitutto, prima di continuare, forse è il caso di ricordare di chi stiamo parlando. Harri Holkeri è stato un uomo politico molto importante in Finlandia, e non solo: Primo Ministro dal 1987 al 1991, anni molto delicati per il Paese, al confine occidentale di un’Unione Sovietica in disfacimento; Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal 2000 al 2001, e poi Capo dell’UNMIK, la missione ONU in Kossovo, dal 2003 al 2004.

Dunque, dicevamo, cinque anni fa. Certo, qualcuno potrebbe osservare che Harri Holkeri è venuto a mancare nel 2011. E poiché io non sono un medium, la storia deve essere un’altra, e in effetti lo è.

Tutto ebbe inizio da una difficoltà, un piccolo problema da superare. Mi trovavo a Helsinki, mi si era rotta una valigia e dovevo comprarne una nuova. Quando me ne resi conto e cominciai a pensare dove acquistarla, mi ricordai di averne intraviste alcune in un angolo dimenticato sul pavimento di un kirpputori, un negozio di cose usate, dove ero stato alcuni giorni prima a comprare un piccolo oggetto, esattamente questo:

Va detto infatti che faccio collezione di animali e di orsi in particolare, e un kirpputori finlandese è uno dei posti più adatti per la mia ricerca. Sono piuttosto esigente, e non mi accontento del primo orso che incontro. Devono avere personalità, un vissuto, una storia. A questo orso in particolare sono molto affezionato, forse perché quel negozio non esiste più. Si trovava nel quartiere di Kannelmäki, comunemente chiamato Kantsu, in ossequio alla regola non scritta per cui i finlandesi abbreviano e storpiano gran parte delle loro parole, generalmente per spirito di sopravvivenza, dato che alcune parole sono infinitamente lunghe, ma in alcuni casi credo per pigrizia, dato che anche ad una parola tutto sommato semplice come kirpputori, composta dalle parole kirppu (pulce) e tori (mercato) si preferisce l’abbreviazione kirppis. Comunque sia, questo kirppis si chiamava Vanhan Ostarin Kirppis, cioè il negozio delle pulci del vecchio Ostari. Ah, vale la pena di specificarlo: Ostari non è un nome, ma l’abbreviazione della parola Ostoskeskus, cioè centro commerciale.  

Non resisto a fare un veloce calcolo: abbreviando Vanhan Ostoskeskuksen  kirpputori in Vanhan Ostarin Kirppis si risparmiano nove lettere. Considerato che il finlandese medio è piuttosto taciturno, il vantaggio relativo sembra risibile; certo va anche considerato che le parole non vengono solo pronunciate, ma anche scritte e pensate. Per una volta che scrivi una parola, la stessa parola l’hai pronunciata cento volte, e pensata mille volte, insomma, messa così sembra più ragionevole, anche considerando che il finlandese medio affronta quotidianamente parole ben più lunghe.

Tornando al Vanhan Ostarin Kirppis, era proprio bello. Al suo interno regnava un’atmosfera rilassata, il gestore era molto gentile e la maggior parte degli oggetti in vendita era di buon gusto. A questo proposito va ricordato che i kirppis finlandesi, almeno per la mia piccola esperienza, si possono suddividere in due categorie: quelli dove i proprietari vendono oggetti da loro acquistati, accettando un piccolo rischio d’impresa, e quelli dove si limitano ad affittare degli “stalli” dove chi vuole allestisce il suo piccolo negozietto, sistemandovi gli oggetti che intende vendere, dai vestiti ai vecchi giocattoli dei figli, dalle scarpe ai libri, e naturalmente bicchieri, tazze e soprammobili vari (sperabilmente orsi). Questa seconda categoria è quella sociologicamente più interessante, perché vedi convivere, uno accanto all’altro, mondi completamente differenti, e dagli oggetti in vendita puoi facilmente capire se il proprietario è un uomo anziano oppure una donna giovane, o è un fissato di fumetti o un collezionista di pokemon che si libera dei doppioni, mentre il primo tipo di negozio è magari più tradizionale e meno interessante, ma il livello degli oggetti è più alto, perché a monte c’è stata una selezione. Il Vanhan Ostarin Kirppis era uno di questi.

In assoluto i kirpputori che preferisco sono comunque quelli estivi, all’aperto, dove chiunque può affittare uno spazio, montare il suo tavolino ed esporre la sua merce alla luce del sole. Uno di questi è quello di Hietalahti (naturalmente abbreviato in Hietsu), dove sono andato spesso. Proprio accanto c’è il Ravintola Salve, dove si mangia molto bene, in particolare le aringhe fritte, i sandwich al salmone e altri piatti a base di pesce.

Una volta era proprio accanto alla piazza, ora si è spostato ma non di molto, e non ha perso in qualità.

Ricordo ogni volta che sono stato allo Hietalahden (Hietsun) kirpputori, ma un acquisto in particolare mi è rimasto  impresso: un ragazzo sui venticinque anni, biondo, con gli occhiali, aria timida e riservata, seduto dietro un tavolino sul quale era disposta una quantità davvero minima di oggetti. Non dava l’idea che fossero pochi perché aveva venduto molto; al contrario, l’impressione che quel tavolinetto, quegli oggetti e quel ragazzo trasmettevano era di completo fallimento: ne aveva portati pochi e nessuno li aveva acquistati. Mi avvicinai, curioso di verificare questa mia supposizione e quella merce, e notai subito un oggetto che doveva essere mio: un mazzo di carte da gioco. Sul frontespizio del mazzetto la scritta era “Tosi peli”.

Tosi, oltre ad essere il mio cognome (in dialetto veneto, ragazzi) in finlandese significa “vero”. Quindi, Tosi peli, “un vero gioco”. Presi il mazzo e lo aprii. Su ogni carta spiccava un motto, una frase, un proverbio, tutti a sfondo moralistico-religioso. Questo particolare me lo fece apparire ancora più interessante, anche se il vero motivo dell’attrazione per quelle carte era l’accostamento tra il mio cognome e la parola peli, cosa che mi faceva ridere, anche se non lo davo a vedere, perché in fondo, diciamo la verità, me ne vergognavo.

Chiesi al ragazzo il costo e lui disse “cinque centesimi”, cioè la moneta più piccola in circolazione in Finlandia. Va detto infatti che mentre in Italia ancora oggi circolano monete da 1 e 2 centesimi, in Finlandia, all’introduzione dell’euro, si decise saggiamente di non coniare pezzi più piccoli di 5 centesimi.

Commentai “it’s the lowest price you could choose!” e lui rispose “If I could sell them at a lower price… I would do it”. Non lo disse con un sorriso ironico, o un cenno di intesa, lo esclamò con l’aria di chi si sta finalmente liberando di un sortilegio, una presenza malefica. Infilai quel pacchetto nel mio zaino con inquietudine. Allontanandomi mi voltai a salutarlo e gli sorrisi, come rassegnato. Lui fissava torvo gli oggettini di cui doveva ancora liberarsi.

Tornando ad Harri Holkeri e al nostro kirppis, questo era situato proprio al centro di un centro commerciale all’aperto, una piazzetta sulla quale si affacciavano alcune attività vitali per Kantsu stesso, cioè due supermercati, K-Market e Alepa, una farmacia, il pub Unelma, un kebab, un R-kioski e il Ravintola Britannia.

Oggi non solo il kirppis, ma l’intero centro commerciale non esiste più, almeno nella forma originaria. Il centro, costruito nel 1959, su progetto di Erkki Karvinen, è oggetto di una ristrutturazione radicale, tuttora in corso.

Quando rientrai nel Vanhan Ostarin kirppis, mi diressi verso l’angolo del pavimento dove avevo visto le valigie; come speravo erano ancora lì, ero salvo. Entrambe erano delle Samsonite classiche, rigide e pesanti, ma dotate di ruote. La più grande era stata blu, ormai scolorito. L’altra era più piccola, grigia, con alcuni autoadesivi sui fianchi. Le osservai con cura e scelsi quella grigia, per due motivi: gli autoadesivi dimostravano che aveva viaggiato, e lontano: aveva sostato allo Jianguo Hotel di Pechino, all’Amari Watergate hotel di Bangkok, e inoltre aveva, al posto della classica maniglia che si usa per trascinare la valigia in aeroporto, un nastro, che andava a scomparire all’interno, quando non serviva. Mi sembrava meno anonima e più elegante.

Portata la valigia al bancone, feci un giretto a controllare la situazione orsi, ma non era giunto nulla di nuovo. Pagai e mi diressi verso casa trascinando la valigia lungo Vanhaistentie, tirandola per il nastro. Dopo pochi metri mi fermai dubbioso. Le ruotine fischiavano come piccole locomotive in arrivo in stazione, un rumore penetrante e fastidioso; soppesai il disturbo di tornare al negozio e cambiare valigia, poi mi immaginai a oliare le ruote, e continuai a camminare, facendo finta di niente. Giunto a casa mostrai il nuovo acquisto alla mia compagna e a mio figlio, omettendo il particolare delle ruotine cigolanti. Poi presi una pezzetta bagnata e cominciai a pulire la valigia. Su un lato c’era un nome, non l’avevo notato, riportato su un cartoncino rigido. Sorrisi e urlai: “la valigia era di Pesonen!” Mio figlio scoppiò a ridere e venne a vedere.

Pesonen era, in quel periodo, un vecchio amico a casa nostra. Le storie di Viiru ja Pesonen ci accompagnavano da anni, sia su libro che in DVD. Mi colpì che nessuno si fosse preso la briga di togliere quel cartoncino dalla valigia, prima di portarla al Vanhan Ostarin Kirppis. L’indirizzo testimoniava che il proprietario aveva abitato nel quartiere di Pakila. Lo lasciai al suo posto, mi sembrava quasi un sacrilegio buttarlo. Un conto è usare la valigia di un altro, un conto è gettare il suo nome nell’immondizia.

La mattina successiva riaffrontai la situazione e decisi fosse giunto il momento di prendere commiato da Pesonen, o almeno dal suo cartoncino. Lo estrassi dalla guida e avvicinandolo al secchio della spazzatura mi resi conto che sul retro era riportato un altro nome.

Lo dissi alla mia compagna e lei si voltò:
– Hai detto Harri Holkeri?  
– Sì, Harri Holkeri, Pohjoisranta… (…), 00170 Helsinki.
– Ma lo sai chi è? 
– Assolutamente no, racconta…

Qualche giorno dopo percorrevo i corridoi dell’aeroporto Helsinki-Vantaa, trascinando la mia valigia grigia verso il gate per Roma della Finnair. Gli altri passeggeri, gli addetti alla sicurezza, gli steward e le hostess, i commessi e le commesse dei negozi, insomma tutti si voltavano al mio passaggio, qualcuno addirittura interrompeva la sua telefonata e aspettava che mi allontanassi. Ad uno sguardo e soprattutto ad un ascolto superficiale poteva sembrare che il motivo fosse uno sgradevolissimo cigolio che mi accompagnava, ma io, in fondo, sapevo che non era così.

Immagine di apertura di Kalle Kultala, tutte le altre foto sono dell’autore.

Marco Tosi
Come tutti i romani de Roma ha difficoltà a vivere lontano dalla sua città. Esplora però con passione la Finlandia dal 2000 e ne studia la lingua, più che altro per non rimanere tagliato fuori dalle chiacchiere segrete del figlio bilingue e della compagna, helsinkara de Helsinki.