Presentando un precedente volume di fotografie di Franco Figàri dedicato alla Finlandia abbiamo azzardato, per le sue foto di paesaggio, la formula “soggettiva” o “proiezione psichica”, rubando l’espressione a certi pittori che “raccontano il ‘loro’ paesaggio e insegnano a vederlo, inducono a coglierne l’essenza, oltre il velo delle apparenze”. Il volume appena uscito per le edizioni Spazio, e intitolato Ice Paintings, Sculptures of Silence, ci dice del suo interesse anche per la scultura.
Il racconto questa volta è ambientato nella Lapponia finlandese, in cui, accanto alle luci e ai colori, protagonisti sono il ghiaccio e la neve, e lo scenario formidabile rappresentato da quella speciale luce crepuscolare che, nell’inverno nordico, collega le albe ai tramonti.
Quando la temperatura scende, per periodi anche lunghi, sotto i 30 gradi, diversi strati di neve ghiacciata avvolgono gli alberi, pini, abeti, betulle, ne piegano le cime, li sagomano con l’aiuto del vento, e il risultato finale è una scultura di ghiaccio che si erge e si piega e si contorce, in migliaia di forme, che si estendono all’infinito, un esercito di sagome ghiacciate protese al cielo o raggomitolate sotto un peso insostenibile. Un Laocoonte, un Atlante, figure mitiche a tutti note, che la natura si diverte a stampare con una sua speciale 3D in una serie infinita.
Il regno assoluto di queste figurazioni è il parco nazionale di Riisitunturi, circa 77 chilometri quadrati all’altezza del circolo polare, zona che alterna alture e profondi avvallamenti, con percorsi per il trekking tra i più affascinanti della Finlandia. Ma, soprattutto, consente ampie vedute dall’alto, che d’estate si aprono su laghi e paludi. Mentre, d’inverno, è il regno dei ghiacci.
Franco Figàri ha strutturato il libro in capitoli, corredati di note puntuali, raccontando come ci si avvicini progressivamente a quel regno. Si passa, attraverso le immagini, dalla galaverna che ricopre la taiga di Oulanka, a quella specie di regno del ghiaccio dove si trova davanti qualcosa di inaudito: “un esercito silente, immobile, di strani esseri, angeli di ghiaccio, come figure di un cartone animato, mostri marini o dinosauri in una fiaba fantastica, strane sculture di arte contemporanea.” È il tykky, parola che sembra uscita dal mondo delle fiabe.
Non sorprende il rimando alle fiabe, una forma letteratura di cui siamo molto debitori agli scrittori del Nord. Certo il fotografo avrà avuto in mente una delle fiabe più belle sul grande inverno, l’avventura del piccolo Kay nel palazzo della Regina della neve di Andersen. I fiocchi di neve nel palazzo, racconta Andersen, “erano vivi, erano l’avanguardia della regina della neve e avevano le forme più strane; alcuni sembravano orribili e grossi porcospini, altri apparivano come serpenti raggomitolati con la testa ritta, altri ancora come piccoli grassi orsi dal pelo irto, ma tutti erano di un bianco splendente, tutti erano fiocchi di neve vivi.”
E poi aggiunge, descrivendo il palazzo: “c’erano più di cento saloni, secondo la forma che prendeva la neve caduta; il più grande si allungava per molte miglia, tutti erano illuminati dall’aurora boreale ed erano grandi, vuoti, gelati, luminosi.”
Il Nord, luogo inospitale, nella tradizione iconografica antica e moderna è stato spesso immaginato regno per uomini rudi, come nella personificazione secentesca del Nord che troviamo nell’Iconologia di Cesare Ripa: un prode guerriero pronto a sguainare la spada che avanza nella neve circondato da nuvole dense da cui cadono ghiaccioli intagliati come gemme.
Tra le nuvole, le sette stelle, “i sette buoi (triones) che tirano il carro della Grande Orsa, all’origine del termine settentrione. Eppure in tanta tradizione mitica e folclorica il mondo dei ghiacci ci viene tramandato sotto il segno di figure femminili: dalla signora del palazzo di Andersen a Louhi, regina di Pohjola, ad Ivy, gelida compagna di Holly nella celebre ballata inglese. Certo questa figura ben si accosta all’idea di incantamento che spesso è alla radice della scelta di tanti artisti di abbandonarsi alla malìa del palazzo di ghiaccio.
Non sappiamo se la lunga fedeltà di Franco Figàri al Nord sia figlia di questa magìa, se anche lui abbia ricevuto, come il piccolo Kay, una minuscola scheggia di specchio nell’occhio al posto della lente della sua Canon. Probabilmente non basta, ci vuole dell’altro, per passare giorni e notti all’addiaccio, muovendosi a piedi o su una slitta, arrampicandosi su pareti bianche e lisce come un cavatore sui marmi di Carrara. Ci dà lui, nella sua Presentazione, una possibile risposta, ma in fondo non è la stessa cosa? “Queste immagini vi diranno del mio amore per questo angolo di Finlandia.”
I libri di Franco Figari sono in vendita nella Akateeminen Kirjakauppa di Helsinki oppure si possono trovare direttamente sul suo sito