Intervista austera: AUS TEARS

AUS TEARS sono un duo di synth-pop di Helsinki, composta da una finlandese (Ida-Sofia) e un italiano (Andrea) che ha pubblicato qualche settimana fa il loro primo LP autoprodotto intitolato Levelled Directions. Il genere del gruppo si ispira alla scena gotica dei primi anni ottanta (quella che in Italia chiamavamo dark), il colore di riferimento è il nero e l’accessorio di rigore il mascara (pure nero). Le atmosfere del gruppo si dividono tra il depresso e l’energico-oscuro, ciò li pone a contatto sia con il pubblico più crepuscolare-decadente, sia con il punk, nonostante tutti i suoni siano generati da sintetizzatori e drum-machines.

Li abbiamo contattati su Facebook e intervistati per farci raccontare qualcosa di loro.

Come vi siete formati?

I presupposti per la formazione degli AUS TEARS si sono creati agli sgoccioli del 2013 tra Tampere e Helsinki quando entrambi abbiamo deciso di prenderci un Microkorg, un Miniak e una drum machine Alesis SR-18. Nel 2014, inizialmente a Tampere, poi a Berlino fino all’estate dell’anno successivo, il gruppo, o meglio dire il duo, inizia a delinearsi, inizialmente sotto il nome DEVAI. I primi pezzi e i primi due concerti coincidono con la primavera del 2015 rispettivamente a Helsinki e a Berlino. Al termine dell’estate dello stesso anno ci siamo ritrasferiti in pianta stabile in Finlandia, a Helsinki, periodo coincidente al cambiamento del nome in AUS TEARS e al vero e proprio inizio della nostra attività musicale.

Cosa significa il vostro nome (che a me sembra una combinazione tedesco-inglese)?

C’hai visto giusto! Il nostro nome è composto da una parola tedesca e una inglese quasi a voler dire “dalle lacrime” in una lingua mista che però pronunciato assieme suona come “austeres”, in inglese, vale a dire “austeri”. Volevamo un nome che descrivesse un’idea e la musica scarna e fredda che suoniamo, un nome che fosse corto, non comune, multi-interpretabile e che destasse interrogativi. A tutto ciò aggiungi che uno di noi è italiano, l’altra finlandese, comunichiamo in tre lingue differenti e spesso queste si mischiano, quindi l’utilizzo di un nome a lingua mista in fin dei conti ci appartiene ed è del tutto naturale.

Quali sono le vostre influenze?

Quello che suoniamo è semplicemente il prodotto della rielaborazione di ciò che abbiamo attorno. Le influenze sicuramente non mancano e affondano le radici in contesti che da sempre fanno parte delle nostre vite come la musica elettronica, il post-punk, e la new wave individuabili soprattutto tra il decennio di riferimento che va dal 1978 al 1988.

In Italia qualche anno fa è uscito un libro intitolato Cretaure Simili che parla dei dark (in Italia li chiamavano così) a Milano negli anni Ottanta. ‘Creature simili’ era il nome che i punk utilizzavano per definire i dark, affini al punk, ma comunque creature meno sociali e più individualiste. Cosa pensate di questa definizione?

(Andrea): Negli ultimi dieci anni, c’è stato un forte revival degli anni ottanta su ogni fronte, dal mainstream alla scena più sotterranea. Questo fenomeno ha indubbiamente pregi e difetti (tra i difetti vedi il culto dell’immagine e la precedenza all’apparenza a discapito del contenuto che sono forti prerogative della società odierna). Anche la scena punk che di anno in anno si rivela sempre più un piccolo sistema all’interno del grande sistema riproducendone dinamiche e strutture ad esso parallele e distorte, è stata accettata sempre di più la musica elettronica o l’utilizzo di sintetizzatori o batterie elettroniche. Ad esempio negli anni novanta i punk facevano una faticaccia ad accettare gruppi con drum machine e/o sintetizzatori, discriminazione che oggi giorno si avverte nettamente di meno.

Per quanto riguarda le etichette, le “creature simili” le conosco bene; io mi sono sempre ritenuto un punk e ancora la penso così a distanza di quasi trent’anni anni mentre ad Ida-Sofia piace di più il termine “creatura simile”. Per concludere, in merito all’essere accettati dalla scena punk finlandese, devo dire che forse siamo tra i pochissimi che possono vantare ai propri concerti di un nutrito pubblico sia di punx che di goths/dark (per dirla all’italiana maniera). Fino ad ora abbiamo avuto quasi sempre un riscontro estremamente positivo il che, non nascondiamo, ci ha pure un po’ sorpresi.

Avete suonato molto in giro, anche all’estero, raccontaci qualche storia interessante!

Sì abbiamo suonato all’estero, ma non è mai abbastanza. Ci sarebbero tanti episodi da menzionare ma preferiamo sottolineare che sia la Lituania che la Polonia ci sono rimaste nel cuore per via delle belle persone che abbiamo incontrato ad ogni data. C’è da dire che uno si immagina che un gruppo va in tour quindi suona, prende soldi, dorme in hotel e mangia nei ristoranti, no, non è così ed è anche per questo che abbiamo conosciuto il lato bello di tanti individui. Abbiamo dormito su un soppalco di una sala prove a Vilnius, quattro ore di sonno dopo un concerto in cui la gente impazzita faceva stage diving, urlava testi improbabili e spaccava bottiglie (i concerti con l’atmosfera e l’energia migliore, senza pregiudizi e il calore dimostrato da persone che nemmeno ci conoscevano come gruppo) così come siamo stati ospitati a casa di persone mai viste prima, che ci hanno trattati come loro famigliari. Abbiamo fatto concerti strapieni di gente entusiasta e altri con dieci persone come pubblico ma così presi bene che han fatto macello come fossero in mille e lo facevano per noi! Abbiamo suonato concerti in posti occupati che ospitano ambulatori popolari, ne abbiamo fatti altri presidiati da cordoni di antifascisti completamente travisati e in nero, per evitare attacchi di gruppi neonazisti tedeschi. Abbiamo semplicemente suonato in giro con umiltà, mangiato un piatto vegano fianco a fianco con chi ci ospitava o organizzava il concerto, abbiamo parlato, abbiamo dato passaggi del giorno dopo da una città all’altra a persone che erano a vederci la sera prima, abbiamo conosciuto le realtà di quelle persone e siamo tornati a casa più pieni dentro.

Com’è nato il vostro disco?

“Levelled directions” è interamente autoprodotto e autofinanziato per il semplice motivo che in questo modo abbiamo il 100% di libertà espressiva e di distribuzione del nostro disco. Decidiamo noi a che prezzo vendere il nostro disco e questo è apposta politicamente basso e imposto a non più di 10 euro perchè tutti abbiano la possibilità di permettersi la nostra musica. Abbiamo curato personalmente tutte le grafiche; la registrazione, il mixaggio e la masterizzazione sono state eseguite da persone che conosciamo personalmente già da prima dell’ idea di produrre un disco. Il nostro disco non si trova nei negozi, lo vendiamo di persona, lo spediamo, lo portiamo con noi ai nostri concerti e anche in questo caso, come puoi vedere, è tutto autogestito (per richiederne una o piú copie: austears@gmail.com ). Però per motivi di adattamento ai tempi, abbiamo deciso di pubblicare il nostro album anche su Bandcamp, in caso uno voglia la versione digitale può scaricarla per metà del prezzo del disco fisico oppure può sentire tutti i pezzi gratuitamente online.

Come componete le canzoni?

Abbiamo composto i nostri pezzi nelle più svariate maniere. Certe volte siamo partiti dal testo o da una semplice idea che poi abbiamo sviluppato assieme. Ogni tanto qualche pezzo è uscito subito quasi finito, poi arrangiato qua e là e pronto in un batter d’occhio. Raramente siamo partiti da un paio di pattern sulla drum machine ma anche questo è comunque successo, soprattutto agli esordi. Più che come componiamo i pezzi ci teniamo a sottolineare che ogni cosa uscita sotto il nome AUS TEARS è frutto della collaborazione di entrambi, sempre.

Di cosa parlano i vostri testi?

I nostri testi sono scritti da entrambi, parlano di tutto quello che ci circonda e ci colpisce o ci sta a cuore, sicuramente non risultano così espliciti come sarebbero per un gruppo punk o hardcore ma hanno palesi riferimenti socio-politici, parlano di rapporti interpersonali o esperienze e sensazioni personali.

Una domanda per Andrea: come sei finito in Finlandia?

Nell’estate 2006 sono venuto due settimane in vacanza ad Helsinki. A fine Dicembre dello stesso anno faccio un zaino e dico ai miei amici “vado in Finlandia per tre o quattro mesi al massimo”. Estate 2020: sono ancora qui, sono lähihoitaja (qualcosa tipo operatore socio sanitario in Italia), ho abitato prima due anni a Helsinki poi sei anni a Tampere, parentesi berlinese per un anno e ora son cinque anni che sono di nuovo ad Helsinki.

In Finlandia per molti aspetti mi trovo bene, la vita è molto più semplice che in Italia e ho molti problemi in meno nella quotidianità, ma da qui a dire che la Finlandia sia il Paese perfetto c’è di mezzo l’universo così come in ogni dove

Ancora per Andrea: sei di La Spezia, suonavi anche lì? La nostra redattrice e tua concittadina Lucia ci parla sempre dei Manges, com’era la scena punk locale? Inoltre La Spezia è una città industriale sul mare, potresti paragonarla a qualche città finlandese?

Quando abitavo a La Spezia ho fatto parte di svariati gruppi punk (N.S.A. e Biocidio su tutti) e ho curato tre fanzines, una dopo l’altra. Anche quando ho iniziato a vivere in Finlandia ho comunque continuato a suonare con il mio gruppo punk a La Spezia, gli ANXTV con cui abbiamo pubblicato diversi vinili. Devi sapere che a La Spezia non esisteva solo il punk rock dei Manges ma c’è stata una scena anarcopunk molto fertile di cui ho fatto parte pure io fino e oltre a quando mi sono trasferito.

Le uniche cose che conoscevo della Finlandia prima di arrivarci erano i dischi dei gruppi punk che compravo da ragazzino, in ogni caso, per tutto quello che ho imparato su questo paese in questi anni, non posso affermare di trovare parecchie somiglianze tra una città come La Spezia e qualsiasi città finlandese.

Quale è stato l’impatto della pandemia e del lockdown sul vostro gruppo?

Il maggiore problema in questo periodo sono i concerti, dall’inizio dell’anno ne abbiamo fatto solo uno a Tampere a fine luglio. Prima di allora dovevamo fare un tour in centro Europa ad Aprile che è saltato. Per Settembre 2020 avevamo in programma un live ad Helsinki, uno da qualche parte in Keski-Suomi e tre date in Italia, tutto saltato. Senza live per quanto ci riguarda non c’è motivo di suonare inoltre l’uscita del disco proprio in questo periodo è cosa abbastanza infelice perché la diffusione dell’album senza concerti ne risente tantissimo in vendite e diffusione.

Il vostro live in streaming al Vastavirta di Tampere restituisce l’idea di un locale con una grande atmosfera, è veramente così?

Abbiamo suonato al Vastavirta parecchie volte ma quest’ultima volta è stata davvero super, si sentiva la voglia del pubblico di stare assieme, di condividere, di parlare, di ballare. Il Vastavirta è un punto di riferimento per tutta la scena underground e alternativa di tutta la Finlandia e suonarci è un po’ come suonare in famiglia, una grandissima famiglia.

Come unite la musica con la vostra dimensione politica?

Avere una dimensione politica e metterla in chiaro non è importante solamente quando si suona, ma sempre. Suonare dà la possibilità di fare arrivare le nostre idee ad altri e tra gli altri c’è sempre qualcuno che afferra il messaggio, anche solo una persona, rimane sempre una vittoria. Noi mettiamo in chiaro le cose con i nostri testi, con la nostra attitudine, con il nostro rapportarci con gli altri e con il confronto (o scontro, a seconda di chi ti trovi davanti). Entrambi condividiamo parecchie idee, altre differiscono nelle nostre individualità, ma abbiamo una linea comune che manteniamo bene.

Avete qualche gruppo finlandese da raccomandarci?

Al momento in Finlandia, per chi ascolta musica elettronica o post-punk, si gode di un periodo splendente, ci sono gruppi con cui siamo in contatto e con cui spesso condividiamo il palco. Per fare una manciata di nomi consigliamo Sekret Teknik, Lola Kumtus, Anthrax Fields, Romanssi, Silent Scream, Di:Unru, Oldschool Union, Murnau’s Playhouse, Rue Morgue, questi sono quelli che ci vengono in mente così su due piedi.