“Mafioso Antonio”: come diventare famosi all’estero

Sfogliando le pagine del principale quotidiano finlandese, Helsingin Sanomat, mi capita di soffermarmi su notizie che hanno a che fare con l’Italia. In genere del Belpaese troviamo riferimenti di tipo turistico, culinario, culturale. E mafioso.
Perché è fuori dubbio che l’etichetta “mafioso” colpisca in modo speciale il finlandese medio, che ne ha tratto ispirazione per attaccarla a iniziative, a locali e prodotti di vario genere, fino alle pizze. Sotto sotto cova una malcelata soddisfazione nel credere che si tratti sempre di un fenomeno esotico e dunque remoto (“anni luce”), ma qualche anno fa Roberto Saviano, presentando a Helsinki la traduzione del suo Gomorra, dichiarò a proposito delle mafie finanziarie: “niente paura, ce l’avete anche qui, nelle vostre banche”, facendo sbarrare più di un occhietto ceruleo.

Stavolta la notizia riguarda una cittadina, Leppävaara, tra Helsinki e Espoo, e la cronista, scavando tra le memorie di un luogo non celebre per monumenti storici, ha scovato in archivio un “monumento” locale, risalente addirittura agli anni ’90, quando lì, udite, soggiornò per qualche mese un “mafioso”. (Il termine è ormai adottato come tale dal lessico finlandese, e così lo usa la stampa).
Dunque nel titolo si legge che “il mafioso Antonio Alberino sfuggendo alle autorità italiane aveva trovato rifugio in Finlandia per più di sei mesi negli anni ’90. Come era finito in un residence a Leppävaara?” La domanda è inquietante, e c’è anche una risposta.

Foto forenom.com

Così la cronista si abbandona al racconto, che comincia inevitabilmente con “Era una giornata di gelo pungente, un lunedì 12 febbraio 1996”. E prosegue: “Il cortile del residence hotel di Leppävaara era coperto di neve. All’improvviso arriva una dozzina di auto della polizia. Una ventina di poliziotti armati di tutto punto scendono dalle auto. Il loro obiettivo è la stanza numero 120 e il suo residente italiano, una persona riservata ma di buone maniere. L’uomo soggiornava in albergo da ottobre. Aveva prolungato più volte il soggiorno. L’uomo non ha opposto resistenza, ed è stato portato in fermo di polizia a Pasila in attesa dell’estradizione in Italia.”

Di seguito i fakta. Trattasi di Antonio Alberino, “uno dei 23 imputati in un processo antimafia su larga scala. In Italia, Alberino era in attesa di una lunga pena detentiva ed era stato oggetto di un mandato di cattura internazionale.”
Ma come c’era finito un mafioso italiano in un remoto residence hotel a Leppävaara? [Oggi l’albergo ha cambiato nome, e si chiama Forenom].

A tutto c’è una spiegazione. Alberino era arrivato in Finlandia come turista nell’estate del 1995. Era entrato nel Paese con falsa identità e passaporto falso. In Finlandia, aveva cambiato ancora una volta identità. Ed era finito in Finlandia probabilmente perché era stato sposato con una donna finlandese.

Ma non è finita qui, c’è anche l’aggravante: una volta in Finlandia, Alberino usciva con un’altra donna. Nei primi tempi aveva cambiato più volte domicilio, ma poi aveva trovato un nascondiglio perfetto.
Nell’ottobre 1995 aveva messo piede nel residence Privatel di Leppävaara, stabilendosi nella stanza 120. I residence hotel non erano molto comuni in Finlandia negli anni ’90 e Privatel era aperto solo da pochi anni. Secondo i dipendenti dell’hotel intervistati da Ilta-Sanomat (I-S), Alberino era uno che se ne stava sulle sue e non lasciava mai la stanza prima dell’una del pomeriggio. Giocava d’azzardo e, sempre secondo I-S, era un volto famigliare in un casinò di Helsinki. [Evidentemente la prudenza tipica del mafioso aveva un orario e una scadenza.]
“L’unica persona che riceveva era una misteriosa donna finlandese che visitava spesso il suo appartamento e chiamava al telefono ancora più spesso”, ha scritto I-S. [Va precisato che di fatto l’articolo di HS riprende integralmente il report del 1996 di I-S: ma non era più semplice rieditarlo, viene da pensare?].

Foto primalariviera.it

Alberino aveva a disposizione una macchina e un cellulare. Nella sua stanza aveva diverse dozzine di giacche di pelle contraffatte, che vendeva. Proprio queste giacche alla fine portarono la polizia sulle sue tracce.
Successivamente, riferiva sempre I-S nell’aprile 1996, l’allora ministro della Giustizia Kari Häkämies firmò una delibera in base alla quale Alberino poteva essere estradato in Italia. Un paio di settimane dopo, due poliziotti italiani arrivarono in Finlandia per prelevarlo.
Alberino sulla costa ligure operava insieme a un suo sodale, Giovanni Tagliamento, che era anche suo fratellastro. Negli anni ’90, i due smerciavano in riviera la cocaina proveniente dal Sud America. Alberino era anche indiziato di furto, usura e scommesse illegali.

Secondo i giornali italiani, Alberino era noto in Liguria come il boss delle false Griffe, un rappresentante della camorra specializzata in prodotti contraffatti. Condannato più volte agli arresti domiciliari negli anni ‘10, ha continuato a smerciare contraffazioni nonostante la condizione detentiva.
Ancora nel febbraio 2019 si legge sulla stampa italiana che “a Sanremo la Guardia di Finanza ha messo nel mirino per l’ennesima volta Antonio Alberino, settant’anni, detto «Tony»: scoperte oltre 500 borse contraffatte. Danno commerciale stimato nell’ordine dei 200 mila euro.”

Non so che fine abbia fatto il “mafioso”, ma a me fa un po’ l’impressione di un magliaro, come in un celebre film di Francesco Rosi degli anni ‘50, anch’esso ambientato nel nord Europa, che prevedeva anch’esso una più o meno misteriosa maliarda nordica.

L’immagine di una stanza d’albergo piena di giacche finte fa anche tristezza. E sebbene il personaggio sia indubbiamente pericoloso, non posso non farmi la domanda: davvero fa notizia, e fa “storia”, per quanto locale, ricordare un arresto di un quarto di secolo fa per segnalare un luogo e nominare una città che, per quanto poco nota, avrà di sicuro qualcosa d’altro per cui essere ricordata che non il nome di un non troppo noto Tony al quale, per fare notizia qui, basta affibbiare quell’etichetta ahimè non più solo italiana?

Come diceva Saviano, è ora di dedicare qualche report in più alle cose di casa propria. Il materiale non manca.

(Foto del titolo lariviera24.it. Per le foto utilizzate siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.