In Finlandia, come in tanti altri Paesi, le festività natalizie si concludono il 6 gennaio con l’Epifania, loppiainen (loppua, “terminare”). Tuttavia, secondo il calendario tradizionale, il vero e proprio congedo dalle gozzoviglie avveniva solo dopo, il giorno di Knut, nuutinpäivä, ricorrenza decisamente più profana della teofania ma non del tutto priva di contenuto morale.
Fino al 1708 cadeva il 7 dicembre che, nel calendario finlandese, è il giorno di Sampsa, il Sansone della bibbia ebraica mutuato dal calendario ortodosso e permeato di una valenza demetrica per mezzo di un’omonima figura dell’epica e della lirica popolare, Sampsa Pellervoinen, il “Sansone campestre” già menzionato dal Ganander che, nel ciclo cosmogonico, aiuta Väinämöinen a seminare boschi e prati.
Per addomesticare il nuutti selvatico e ricondurre la ricorrenza nell’alveo cristiano è stato poi ricollocato il 13 gennaio, l’ottava dell’Epifania e la festa del battesimo di Gesù secondo l’anno liturgico della forma straordinaria.
Il giorno è dedicato alla memoria di Canuto IV il Santo, re di Danimarca ucciso a Odense nel 1086 nella chiesa lignea di Sant’Albano dove si era rifugiato per sottrarsi alla furia di una rivolta contadina sorta nello Jutland. Il culto di Canuto è legato alle sue politiche filo-ecclesiastiche osteggiate dal volgo e alla pia difesa del culto divino: dobbiamo altresì agli svedesi la collocazione nel 13° giorno del calendario gregoriano, il ventesimo dalla vigilia di Natale e il dì conclusivo della “pace di Natale” (joulurauha). In questo periodo, secondo la tradizione, si dovevano interrompere o almeno ridurre lavori e faccende domestiche, in particolare la caccia e la tessitura: l’arcolaio, occultato alla vista il giorno di San Tommaso (tuomaanpäivä, il 21 dicembre) veniva riportato nel salone di casa in occasione del giorno di nuutti per rimarcare che, a partire da quel momento, ognuno doveva tornare alle proprie mansioni quotidiane.
Per altro verso il giorno di Knut corrispondeva agli ultimi bagordi natalizi e, per questo motivo, assumeva tratti carnascialeschi e un volto ferino. L’ultima inquietante figura cornuta e luciferina dell’arco festivo (si veda il nostro Babbi e capri di natale. Bestiario finnico), il caprone di Knut o nuuttipukki, girava per il paese in processione accompagnato da uno stuolo di giovani dal volto tinto di fuliggine e dalle pellicce indossate al rovescio (riferimento infernale al mondo ribaltato di Tuonela); talvolta si vedevano anche uomini in abbigliamento femminile e viceversa.
A capo della comitiva, il nuuttipukki detto anche nuuttiparoni, “il barone di Knut”, portava un grosso paio di corna, una maschera di cuoio e, dal cappotto, spuntava un’ascia, i forbicioni per la tosatura a mo’ di muso e due cucchiai a far da orecchie. La processione passava di casa in casa raccogliendo la birra rimasta o il sahti, un fermentato d’orzo forte e aromatico: le bevande venivano poi versate in un grosso tino collocato su una slitta e portate via. Sull’uscio erano sovente intonate strofe che identificavano l’oggetto dell’offerta con il nuutti stesso; nella parrocchia di Heinola i versi avevano un particolare tono minaccioso: nuutin syötin, nuutin juotin, nuutin nurkalle nukutin, nuutti nukkui nuruihinsa, vaipui vaateriesyihinsä, Tuopa tuolta hiivanpielist tammisesta huonehesta, koivusen tapin takaa, jos tuolla jotain makaa. Sitten mä mahdan toki tuhma olla jos mä toistai teille tulen, “S’è sfamato questo nuutti, ben lo abbiamo dissetato, coricato in un cantuccio, ché dormisse nel pastrano, s’assopisse nei suoi stracci. Porta il frutto del fermento dalla stanza sua di quercia, dietro il tappo di betulla, se là dentro ancor riposa: ché semmai da voi tornassi, mi vedreste più cattivo”.
Se la casa era generosa, lo scriba della compagnia segnava con un gesso la soddisfazione di nuutti sulla parete o in un angolo dell’ingresso, se al contrario nessuno apriva la porta, veniva lasciato un segno con il carbone ma la punizione inflitta era spesso più gravosa, fino al sequestro dell’intera cantina domestica. Per le dimore più munifiche venivano disegnati dei boccali in numero proporzionale alla quantità di birra ricevuta e il prodigo padrone di casa aveva tutto l’interesse a non cancellare il marchio, per farsi bello agli occhi dei vicini. La birra offerta e raccolta veniva poi portata nella sala più grande della comunità per l’ultima libagione, non già per piacer proprio ma, come salmodiato in processione, nel nome di nuutti.
In Svezia, più discretamente, al giorno di Knut o di San Canuto corrisponde la tradizionale prassi dello julgransplundring, la spoliazione dell’albero di Natale per la gioia dei bambini che, dopo il “saccheggio”, si spartiscono i dolciumi staccati dai rami dell’abete ma, in definitiva, ricordare un re martirizzato e confiscare la birra sono senza dubbio il modo più nordico ed eloquente per annunciare che la festa è finita.
(Foto del titolo di Sakari Kiuru / Uudenmaan museot. Per le altre immagini, siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)