Dal metal alla Disney: intervista a Paolo Ribaldini

La voce di un musicista italiano nel doppiaggio finlandese dell'ultimo film Pixar

Paolo Ribaldini dovrebbe essere noto ai lettori de La Rondine, lo intervistammo anni fa quando partecipò all’edizione finlandese di The Voice. Alla sua carriera di cantante, insegnante e violinista si è aggiunta un’esperienza inusuale: ha partecipato al doppiaggio in finlandese dell’ultimo cartone animato della Pixar: Luca.

Il film è una storia di amicizia, narra delle avventure estive di un ragazzo e i suoi nuovi compagni nel borgo di Portorosso, una versione fantastica delle Cinque Terre ricostruita con la solita attenzione ai dettagli e ironia tipici della Pixar, che di sicuro farà venire nostalgia a tanti italiani all’estero. Luca sta raccogliendo recensioni positive e persino paragoni con le opere di Hayao Miyazaki e lo Studio Ghibli.

Il film, disponibile sulla piattaforma streaming Disney+, è il primo lungometraggio Pixar diretto da un italiano: Enrico Casarosa.

Abbiamo fatto una chiaccherata con Paolo per saperne di più di questa esperienza.

Foto Disney

Ciao Paolo come va? Parlarci un po’ dei tuoi progetti musicali / lavorativi in generale

In generale va bene, anche se un po’ come per tutti questo anno e mezzo è stato più pesante del solito. Nel mio campo, soprattutto, c’è stato un ovvio tracollo sia nei concerti dal vivo che nell’insegnamento privato e pubblico, e non è facile avere aiuti dallo Stato, in parte per la natura complessa ed amministrativamente atipica del nostro lavoro, ed in parte anche per prese di posizione politiche abbastanza discutibili. Anche i miei corsi universitari sulla musica metal sono stati fermati già nel 2020 e non c’è per il momento un orizzonte ben chiaro entro cui potranno ricominciare: tutto dipende da come si evolverà la situazione del Covid. 

Ciò nonostante ci sono stati anche aspetti positivi: con la nostra band finlandese Seraphiel siamo andati molto avanti nella produzione del nostro primo album, e penso che saremo estremamente contenti del risultato finale e di poter suonare le canzoni dal vivo. Ho anche accettato l’offerta di unirmi ad una band non finlandese importante, con cui sto lavorando a distanza in vista del prossimo disco. Al momento questa è una situazione più embrionale e non posso sbottonarmi oltre, ma quando sarà il momento rivelerò maggiori dettagli sui miei canali social. 

Come sei finito a fare il doppiatore nella versione finnica di Luca?

Mi hanno chiamato dall’azienda che si occupa dei doppiaggi Disney in finlandese e mi hanno chiesto se ero interessato a fare una prova presso la loro sede. All’inizio non capivo bene di cosa si trattasse e pensavo avessero telefonato alla persona sbagliata, ma quando mi hanno detto quale tipo di film fosse in questione ho fatto due più due e ho accettato subito. Ringrazio molto un mio ex-insegnante di canto a Metropolia Ammattikorkeakoulu, Jukka Nylund, che negli ultimi anni ha lavorato molto come doppiatore e direttore del doppiaggio presso la stessa azienda. Jukka ha consigliato ai colleghi di chiedermi se ero interessato perché, secondo lui, sarei stato perfetto per il ruolo. 

Sono andato a fare una prima audizione di un paio d’ore, abbiamo registrato alcune scene ed il nastro è stato mandato negli Stati Uniti al quartier generale della Disney: mi hanno spiegato che la Disney vuole sempre avere l’ultima parola su tutti i doppiatori dei personaggi principali in tutte le lingue, in questo modo mantengono la qualità abbastanza alta e si assicurano che il carattere dei personaggi importanti sia rispettato. Sapevo che per il ruolo di Ercole Visconti avevano fatto il provino ad altri due oltre a me, e non avendo nessun’esperienza pregressa nel doppiaggio non facevo molto conto sul ricevere la parte, ma mi hanno telefonato un paio di settimane più tardi offrendomi il lavoro e ne sono stato naturalmente molto felice. 

Come hai imparato il finlandese e si finisce mai di impararlo?

Parto dalla fine: secondo me non si finisce mai, c’è sempre qualcosa che puoi migliorare nella grammatica, nella pronuncia, nell’uso del lessico, nelle frasi idiomatiche ecc. Ma al momento ritengo di aver raggiunto un buon livello, non faccio più sforzi consapevoli ma ogni tanto incontro qualche parola o espressione nuova che cerco di memorizzare. E non nascondo che nei momenti di stanchezza non funziono al massimo in nessuna delle tre lingue che parlo quotidianamente, soprattutto se devo continuamente cambiare tra finlandese, inglese ed italiano a seconda della persona con cui parlo. Ho imparato la lingua principalmente a scuola, dopo circa un anno dal mio trasferimento a Helsinki sono stato ammesso a Metropolia Ammattikorkeakoulu a studiare musica pop/jazz, ma il programma di studi è solo in finlandese. Certamente qualche volta era necessario per i miei insegnanti e compagni di studi spiegarmi le cose in inglese, ma per la maggior parte del tempo tentavo di mantenere qualunque conversazione in finlandese e chiedevo di insegnarmi perché si usasse un determinato caso o tempo verbale invece che un altro, o il significato di tante parole della lingua parlata che la gente usa in continuazione – specie tra i giovani – ma che in un corso istituzionale nessuno ti insegna. Ammetto che all’inizio è stato molto difficile ed estenuante, già per me molti concetti musicali erano nuovi, in più doverli imparare in una lingua che fondamentalmente non comprendevo decuplicava i problemi. Spesso dovevo spendere molto ore di lavoro extra a casa da solo per tradurre il materiale da solo col dizionario. Però a forza di battere il ferro sul chiodo ho imparato. Ho anche avuto la fortuna di aver studiato latino e tedesco alle medie e alle superiori con insegnanti validi, quindi non ero troppo sorpreso da una lingua che funzionasse secondo principi diversi dall’italiano. Penso che in Finlandia tanti stranieri – maggioranza degli italiani inclusi – non imparino mai bene la lingua perché vengono scoraggiati dalla curva di apprendimento iniziale, e comprensibilmente si vergognano un po’ a stare al posto di “quelli che non sanno” e di farsi parlare quasi come a dei bambini. A tutto si aggiunge che non tutti hanno il tempo o la possibilità concreta di permettersi una fase in cui “carburare”, magari ci sono pressioni sul lavoro o nella vita familiare. Alla fine è facile circondarsi di connazionali con cui parlare la propria lingua o di altri stranieri con cui si parla inglese, questo permette di vivere normalmente ma alla fine si è sempre in prestito. Io, in parte perché ne ho avuto la possibilità ed in parte perché me la sono creata da solo, ho seguito un percorso diverso. Purtroppo il modo migliore, e forse l’unico, per imparare veramente è buttarsi, sbagliare, capire dove si sbaglia e riprovare, scoccia ma non vedo altre soluzioni… 

Foto Maria Gertsjak

Come è stato il lavoro in studio? Quanto è diverso dal registrare una canzone? Hai fatto qualche training particolare?

Il lavoro in sé è stato straordinariamente divertente ed educativo, ma anche una sfida notevole. Come ho detto, non avevo mai doppiato nulla prima di questo film e non nascondo che certe battute le ho dovute registrare anche quindici-venti volte prima di trovare la quadra. Non c’è dubbio che fare il musicista di lavoro, e più precisamente il cantante, è un vantaggio senza prezzo. Io poi negli ultimi anni ho fatto molta pratica su usi meno convenzionali e più aggressivi della voce cantata, che nel rock e nel metal sono all’ordine del giorno, ed ho anche maturato una conoscenza fisiologica ed anatomica dello strumento che non tutti gli insegnanti di canto ed i cantanti hanno, perciò anche certi dettagli nell’interpretazione del personaggio per me non sono stati tanto difficili da trovare. Però ci sono anche alcuni aspetti che sono propri del doppiare e non del cantare: per esempio è difficile allo stesso tempo tenere sott’occhio il timer che ti indica a che frame sei del film, guardare il gobbo con le battute, ricordare che intonazione bisogna avere e cercare di far stare la battuta nei tempi giusti. Ma facendo si impara, non ho seguito nessuna formazione particolare. Semplicemente mi sono concesso di sbagliare tanto, oltre ad avere un aiuto enorme dal nostro fonico Kari e dal direttore del doppiaggio Petri Hanttu. 

Ci puoi rivelare quale è il tuo personaggio? Hai visto il film? Ti è piaciuto?

Sì, ora che il film è stato distribuito su Disney+ ho il permesso! Interpreto Ercole Visconti, che nel film è l’antagonista di Luca e dei suoi compagni d’avventura Alberto e Giulia. Ercole è il bulletto del villaggio ligure di Portorosso, si fa bello sulla sua Vespa rosso fiammante e non si trattiene dall’umiliare gli altri in continuazione col chiaro intento di mantenere il proprio privilegio sul resto degli abitanti e soprattutto dei ragazzi. Ho visto il film con due amiche e patatine in abbondanza, ed effettivamente mi è piaciuto. Strano ma vero, avendo solo doppiato le scene con Ercole non sapevo granché dei personaggi di Luca ed Alberto, né quali fossero le premesse o la conclusione delle loro peripezie. Penso che, dal punto di vista della storia, Luca non aggiunga niente al concetto del romanzo/film di formazione né alla narrativa sulla diversità che, per quanto importante, oggi è un po’ come il prezzemolo. Ma lo fa in maniera divertente e con una qualità grafica spettacolare, e ci sono alcuni temi ben rappresentati come per esempio il rendersi indipendenti dai genitori ed imparare a stare sulle proprie gambe (o pinne). Ho letto che il regista si è in parte ispirato a Miyazaki, ed effettivamente è innegabile, ci sono anche un paio di scene chiaramente derivative dello stile del maestro giapponese. Poi ho anche apprezzato la commistione di stereotipi dell’italianità con elementi molto realistici e non tutti scontati della nostra storia e cultura: la mamma protettiva del protagonista che però “lo fa perché gli vuole bene” (grandi le mamme italiche!), il calcio come sport di strada da giocare in piazza, l’importanza della bicicletta e del ciclismo che ai tempi era seguitissimo, la macchina volante di Leonardo, la Vespa che è stata esportata in tutto il mondo, la possibilità non scontata per l’epoca di andare scuola… Per quanto riguarda il mio personaggio, mi sono molto divertito ad interpretarlo perché è antipatico e prevaricatore, totalmente diverso da me nella vita reale. Però dai… in realtà Ercole non è un “cattivo” vero, probabilmente è solo un po’ complessato e a disagio con sé stesso, fa il bullo con gli altri per sentirsi importante. Anche oggi in ogni quartiere, cittadina o villaggio italiani ci sono uno o più Ercole Visconti che tormentano gli altri ragazzi, è un personaggio anche fin troppo realistico e traslabile così com’è nella vita quotidiana. E poi l’unica volta in tutto il film in cui gioca sporco è quando si scopre che negli anni precedenti ha mentito sulla propria età per partecipare alla Portorosso Cup. Non casca il mondo, pensa solo a quanti ragazzi nelle giovanili delle squadre di calcio italiane vengono tesserati come dodicenni o quattordicenni, e poi viene fuori che di anni ne hanno diciotto o diciannove! Sotto questo aspetto avrei aspirato ad interpretare un malvagio vero, uno di quegli affascinanti personaggi Disney vecchio stampo, presi a prestito da fiabe e leggende, che sono la personificazione unilaterale del Male e che nella vita vera non troveresti mai: Shere Khan, lo sceriffo di Nottingham, Jafar, Scar, Ursula, Malefica, Crudelia, la regina in Biancaneve e la lista è infinita. Suonerà un po’ trito, ma cattivi così non li fanno più… Lì avrei davvero dato il meglio. Ma magari in futuro, chissà! 

Quali sono i tuoi film Disney preferiti e perchè? 

Se ti riferisci a quelli d’animazione, sono decisamente più legato ai film visti da bambino, più o meno tutti fino a Il Gobbo di Notre Dame. Quelli fatti dopo mi fa piacere guardarli ogni tanto, ma non mi sono rimasti così impressi a livello emotivo. C’è anche da dire che negli ultimi vent’anni la Disney, soprattutto nei film Pixar, ha tendenzialmente tentato di fare tanto “commentario sociale” e di ancorarsi a situazioni e personaggi, come anche menzionavo prima, che sono tutto sommato realistici e legati al proprio contesto cronologico e socioculturale, chi più chi meno. La “vecchia guardia”, spesso ispirata ai grandi classici delle fiabe o dei romanzi, ha radici fortissime nell’archetipico. I personaggi e le storie sono più che altro delle metafore al posto di problemi eterni dell’umanità. Però ti rivelo una cosa a cui nessuno crederà: non ho mai visto nessuno dei Toy Story

La tua canzone preferita del mondo Disney? so che ne suonavi una anche dal vivo (mi pare, almeno alla summer school opening party, dove abbiamo entrambi insegnato!) 

Ti ricordi bene, era “Go the Distance” interpretata da Michael Bolton, a cui oggi tanti non so perché ridono dietro ma che è un cantante fenomenale ed unico. Quella è sicuramente una delle mie preferite, ma non ti nascondo che ce ne sono tante, soprattutto dai vecchi film. Te ne scelgo tre solo per concisione: “Go the Distance”, “Colors of the Wind” in Pocahontas ed il valzer di Tchaikovskij adattato per La Bella Addormentata nel Bosco

Giacomo Bottà
Accademico specializzato in studi urbani con una passione per la musica, ha lasciato la natia Valtellina per la Germania, solo per ritrovarsi a Helsinki.