Le opere di Markku Kaskela (1960 -) comprendono poesie, racconti, libri per l’infanzia e saggi. La poesia, a suo giudizio, rimane il genere a lui più vicino: “In effetti, ho iniziato con la poesia. Ho sempre sentito la poesia come la mia casa, la vera lingua con cui esprimermi. Anche se scrivo prosa, per bambini o altro, la poesia rappresenta la parola più intima, il modo più delicato di dire le cose e, soprattutto, di capirle. Ho iniziato a scrivere poesie da ragazzo, e lo farò per il resto della mia vita.”
Kaskela è il maggior esponente della “poesia documentaristica” (vedi al riguardo un nostro articolo precedente), e nei suoi testi troviamo riferimenti a date, luoghi e avvenimenti precisi: “Credo che il bisogno di precisione provenga dal mio amore per i documentari, per il linguaggio documentaristico. Alcuni potrebbero trovarlo noioso, ma per me è il contrario. È il mio modo di essere fedele a ciò che sto dicendo al momento e alla lingua che uso. Mi è sempre piaciuto quel motto di Paul Schrader: “Arriva in ritardo, vai via presto”. E credo che tutte le storie abbiano bisogno di un posto dove poter aver luogo. Sono un narratore, lo confesso.”
Johannes fa la cosa giusta è il secondo volume dell’avvincente serie Tiku e i suoi amici.
Johannes fa la cosa giusta
Un giorno d’estate, un ospite alato, una gazza chiamata Johannes, appare sul balcone del gattino Tiku. I due diventano rapidamente amici – o abbastanza rapidamente, nel caso di Johannes. La gazza è appassionata di lettura, e si dedica a questa attività in un angolo della grondaia da cui l’uccello attento può anche osservare ciò che lo circonda.
E in estate, accadono molte cose, quando il quartiere piomba nel silenzio perché sono quasi tutti in vacanza...
L’amicizia è la cosa più importante del mondo. Sono una gazza di nome Johannes e il mio migliore amico è un gatto di nome Tiku. Ci siamo conosciuti la scorsa primavera e ben presto siamo diventati buoni amici. Io ero quello più interessato a fare amicizia, lo ammetto subito, questa è la mia natura. Passo molto tempo da solo sulla grondaia di una casa. Noi gazze preferiamo di solito vivere in gruppo, e naturalmente anche per me è così, ma ci sono momenti nella vita di un uccello in cui si preferisce stare da soli.
Questa è la vita che ho vissuto, seduto solo soletto, a guardarmi intorno e a pensare alle mie cose. E ho iniziato a interessarmi a quel gattino che passava molto tempo sul balcone della casa accanto.
Il fattore scatenante di tutto fu, naturalmente, la primavera e l’inizio dell’estate, quando superato l’inverno l’aria si riscaldò. Un giorno di primavera, mi posai su questa grondaia, dove vidi le finestre e le porte che si aprivano intorno a me, e gli ambienti abitativi espandersi dagli interni ai balconi. La gente cominciava a passare il tempo fuori nei giardini e a tenere spalancate le finestre. Questo tempo di aperture se lo godevano appieno anche gli animali domestici, compreso Tiku.
Un giovane gattino vivace, sveglio ed energico. E interessato a tutto almeno quanto me. Non c’è da stupirsi che iniziammo a fare la conoscenza l’uno dell’altro.
Tiku vive in una lunga casa a schiera, nel penultimo appartamento, alla fine, dove c’è la mia grondaia, il mio posto abituale. Da lì iniziai a notare che il gattino appariva sul balcone come dal nulla, e ogni volta con lo stesso entusiasmo.
La primavera era arrivata anche per lui. Tiku sgattaiolò fuori dalla porta aperta e venne direttamente alla ringhiera. La cosa buona era che la famiglia di Tiku non aveva vetrate sul balcone, limitato, appunto, solo dalla ringhiera.
Una vera fortuna per un gatto. Così poteva infilare la testa tra un montante e l’altro e poi scrutare comicamente, a testa alta, chi o cosa stesse camminando nel vicolo tra le case.
E questo accadeva ogni volta. Era arrivata la primavera!
Naturalmente, il fatto che io riuscissi a scorgerlo sul balcone significava anche anche lui poteva vedere me, un uccello appollaiato sulla grondaia della casa di fronte. Ma Tiku ci fece forse caso? Per lui ero un volatile dirimpettaio, una gazza che s’era messa tutta impettita là in cima e magari, ridacchiando di qualcuno, aveva poi spiccato il volo.
Io, invece, osservavo il gattino, però con una tale discrezione che né Tiku né nessun altro, credo, ci fecero caso.
Sentivo un formicolio dentro di me, che andava peggiorando a poco a poco. Prima ne fui sorpresa e sbattei le palpebre, poi anche le ali. È solo un gatto, ricordai a me stesso, e certamente non è il primo che vedo. Cosa c’è di così speciale in quella zampetta pelosa?
Era una buona domanda e lo è tuttora. La risposta: niente – e allo stesso tempo tutto.
Perché quello che vedevo in quel gatto era vero anche per me. Come ho detto, noi gazze siamo uccelli che prediligono la vita di gruppo, ma io preferisco rimanere appartato, lontana da tutti. Certo, nel mio stormo si interrogavano su questa mia strana predilezione, ma gli anziani e i più saggi sapevano che faceva parte del processo di crescita.
Perché anche loro in gioventù avevano vissuto una fase simile. Per me, questa pausa di separazione significava anche che volevo provare qualcosa di nuovo. Il cornicione era il posto perfetto per farlo, e la sublime solitudine del luogo mi infuse una ancor maggiore ispirazione. Ero giovane, un predestinato. Tutto mi apparteneva, la grondaia e ciò che mi si apriva d’intorno.
Il mondo, le esperienze, le cose eccitanti, tutto. Come anche quel gatto furtivo.
Ecco cos’era – ed è – quel formicolio. Mi dicevo: Se vuoi provare qualcosa di nuovo e quel gatto ti interessa, perché esitare? Forza, vai a fare la sua conoscenza!
Se va male, va male! Ma almeno per il momento, sembra che quel gatto dalle orecchie pelose possa essere un ottimo amico. Ora facciamo quello che dobbiamo fare. Bisogna essere coraggiosi e determinati, questo è il genere di cose che fa bene a tutti. Poi ci si sente tutti pimpanti e coraggiosi!
E ancora una volta, se va male, non me ne avrò a male. Ma bisogna avere il coraggio di provare, a testa alta.
Così saltai dalla grondaia dirigendomi verso Tiku. Fu un’entrata trionfale, naturalmente. Anche se le ali non sono molto grandi, fanno comunque un certo effetto. Così come i miei artigli che afferrano la ringhiera d’acciaio verniciata di nero, facendola cigolare. Non c’è da stupirsi che il gattino si sia spaventato.
Cosa stavo facendo lì? Ero forse una minaccia? Consideravo forse quel gatto una preda? Il balcone era il mio territorio? Come era possibile? Decine di domande complicate mi sfrecciavano nella mente! Ero, naturalmente, una grande creatura alata, che troneggiava tutta nera sulla ringhiera. Ho forse riso vedendo trasalire quel micetto? No, certo che no! Provavo soltanto l’eccitazione di saperne di più di questo gattino.
Markku Kaskela: Johannes tekee oikein (Johannes fa la cosa giusta) Enostone Kustannus 2021