Erno Paasilinna e Timo Mukka: genesi di un romanzo

Nell'anniversario della nascita di Mukka, ricordiamo come nasce l'"Urlo della terra" nel racconto di Erno Paasilinna

Erno Paasilinna (1935-2000) è stato un grande scrittore e critico letterario. Fratello del più celebre Arto, era parte di una famiglia numerosa, in cui brillano intellettuali e politici di vaglia (altro che ex boscaioli!). Lo ricordiamo oggi, 17 dicembre, in cui ricorre l’anniversario della nascita di Timo K. Mukka (1944-1973), cui il critico ha dedicato un fondamentale saggio biografico e letterario. Vale la pena ricordare oggi questo incontro perché è accaduto un evento speciale: è stato tradotto in italiano il capolavoro assoluto di Mukka, Maa on syntinen laulu, col titolo L’urlo della terra (edizioni Vocifuoriscena). La traduzione, in un panorama internazionale di colpevole disattenzione, così ci ha scritto il critico Panu Rajala, “costituisce al riguardo una corroborante eccezione, come un messaggio in bottiglia da mondi lontani.” Capita, ha scritto Viola Parente-Čapková, che certi autori accedano a una rilevanza internazionale, anche nel caso (ed è questo il caso) in cui “non occupano necessariamente un posto di rilievo nel canone della letteratura in questione.”

Sulla genesi del romanzo Erno Paasilinna ha scritto pagine precise e illuminanti, non prive di sorprendenti rivelazioni.

«A cavallo degli anni 1962-63 Timo Mukka cominciò la scrittura di una sceneggiatura cinematografica. Che doveva essere fondamentalmente documentaristica. Un villaggio, i suoi abitanti, la vita. Il giovanissimo scrittore decise di fotografare la vita di Siskonranta nella sua assoluta nudità. Ma dopo poche battute il testo cominciò ad assumere la forma del romanzo. Sarebbero seguiti un mese e mezzo di scrittura intensissima.»

Riproduciamo qui di seguito alcune pagine del saggio relative proprio alla prima genesi dell’opera, complicata da difficoltà economiche, ma soprattutto da un disagio esistenziale che portò lo scrittore a un passo dal ricovero psichiatrico. Tentò di ottenere una pensione di invalidità, ma non trovò ascolto: il referto dello psichiatra di Oulu lo condannò ai ‘lavori forzati’: scrivere!

Interessante, tra l’altro, che lo psichiatra di Oulu che emise quel verdetto fin troppo negativo abbia un nome famoso. È il padre del grande storico del cinema e regista Peter von Bagh.

Più interessante è il percorso editoriale del libro fin dalla prima concezione: la scelta dei registri linguistici del testo, una delle sue glorie e maledizioni (per i traduttori), è frutto di un’attenta discussione con una serie di editor, che qui vengono in parte menzionati.

Dietro un capolavoro, spesso anche se non sempre, c’è un grande lavoro editoriale. Qui il racconto di Erno Paasilinna (pp. 57-59.)

(Immagine tratta dal film di Rauni Mollberg)

Genesi di un romanzo

di Erno Paasilinna

«Timo aveva scritto il libro di notte, mentre tutti in casa dormivano, immergendosi completamente nel suo lavoro. “Scrivevo come un ossesso”, ricorda nel romanzo E muore l’erba d’estate (Ja kesän heinä kuole, 1968). “Sono così stanco che riesco a malapena a trascinarmi dalla casa al gabinetto”. Fece prendere un colpo a tutti rasandosi i capelli a zero. Temeva di diventare pazzo. La situazione peggiorò. I servizi sociali minacciarono di togliere gli aiuti alla famiglia se non si fosse trovato un lavoro. Timo prese una decisione rapida e inattesa. Aveva periodi nei quali era determinato e capace di agire con lungimiranza e particolare efficacia. Decise di chiedere una pensione di invalidità per problemi psichici. In quelle circostanze un certificato psichiatrico era l’unico modo per mettere in salvo l’attività di scrittore e per garantirsi l’assegno famigliare. Oltre alla madre Lyyli, a casa c’era il fratellino Tuomo di nove anni e la sorella Mirja che, per la sua malattia, non era autosufficiente. Andò dal medico del paese, Sakari Holma, e pretese l’impegnativa per l’ospedale psichiatrico di Oulu.

Konrad von Bagh

In città Timo fu visitato dal dottor Konrad von Bagh  che respinse senza mezzi termini l’idea di una pensione di invalidità. Nella motivazione non usò mezzi termini: “Il paziente è indisciplinato con vizi caratteriali e non vedo motivo per cui la previdenza debba occuparsi del suo sostentamento. A mio parare la proposta del collega (il medico del comune di Pello) dell’arruolamento nell’esercito è eccellente, altrimenti, in questa fase, non resta che l’inserimento occupazionale. Affidare questo cittadino peraltro incapace alla previdenza significa farne un nevrotico mantenuto a vita” (dichiarazione firmata l’11.04.1963).

Secondo i medici l’imminente periodo di leva avrebbe apportato un miglioramento alle condizioni psichiche del paziente. Nei suoi confronti non viene nascosto un certo atteggiamento di disprezzo. Timo non prese visione della dichiarazione ma seppe di essere considerato un “soggetto socialmente disadattato”. Durante la visita psichiatrica si era rivelato un paziente indocile. ”Comincio a balbettare, sono preso dai tremori. Mi alzo in piedi. Via di qui! Via!” (E muore l’erba d’estate).

Timo non riuscì nel suo intento di ottenere un sostegno economico ma continuò a scrivere. Chiese alla moglie Tuula di inviare il manoscritto alla Gummerus. Giunto in redazione, il plico finì sulla scrivania di Rauno Ekholm che lesse il romanzo d’un fiato. La prima impressione fu positiva. Ekholm ricorda di aver parlato del libro persino con la moglie a casa, cosa piuttosto rara nella routine editoriale. Disse che “ora abbiamo un manoscritto di un giovane di diciotto anni che ha un talento davvero notevole”. Il libro fece una buona impressione anche al secondo lettore, Jaakko Syrjä. Venne colpito particolarmente dal forte appello rivolto all’editore nella lettera di presentazione allegata al manoscritto e dal potente impianto visuale dell’opera che considerava un risultato sorprendente. Quando la questione venne discussa all’interno della casa editrice, entrambi sostennero che avevano tra le mani uno scrittore di straordinario valore.

L’operazione non era tuttavia priva di problemi: il manoscritto necessitava ancora di parecchio lavoro. Mandare quel folle, talentuoso mistico e naturalista in pasto alla critica degli anni ’50, un mondo particolarmente reattivo alle forme, era una mossa che preoccupava tutti. Avrebbe potuto significare schiantarsi contro un muro senza porte.

Il manoscritto era stato preparato di getto, in un mese e mezzo, ma la fase di revisione, estremamente accurata, durò più di un anno e produsse in tutto tre versioni, l’ultima delle quali divenne quella definitiva senza bisogno di ulteriori correzioni. L’editore sottopose però un ritocco dopo l’altra e Timo cedette alle richieste modificando gradualmente il testo, ma senza scendere a compromessi riguardo ai principi fondativi del romanzo e al tono espressivo generale.

Le prime proposte di correzione furono avanzate da Jaakko Syrjä. Suggerì di alleggerire la forma dialettale dei dialoghi e di virarla verso il registro della lingua corrente perché il dialetto, nella sua trascrizione foneticamente precisa, sarebbe stato d’ostacolo alla comprensione del testo. Timo aveva tentato di mettere per iscritto il parlato popolare con tutta la precisione che i caratteri della lingua potevano offrire. Per quanto riguardava le descrizioni a contenuto sessuale, Syrjä sperava che avrebbero costituito uno spunto per liberarsi del realismo più trito e, a titolo di esempio, menzionò la scrittura di Henry Miller. Nel manoscritto gli inserti poetici erano ancora frammenti prosastici privi di una struttura metrica; Syrjä suggerì di conferire a essi un corpo lirico e di raccoglierli attorno al tema narrativo principale. Timo accettò queste soluzioni ma si rifiutò di piegarsi allo stile descrittivo di Henry Miller.» (dal volume Timo K. Mukka, legenda jo eläessään, WSOY 1974, pp. 57-59; trad. it. di Marcello Ganassini)

Timo K. Mukka
L’URLO DELLA TERRA

Titolo or.: Maa on syntinen laulu (1964)

Traduzione: Antonio Parente, Nicola Rainò
Edizioni Vocifuoriscena 2021

(Nella foto del titolo, da sinistra, Erno Paasilinna, Reino Paasilinna, Mauri Paasilinna e Arto Paasilinna nel 1999. Foto da kaleva.fi. Per i diritti di riproduzione siamo pronti a farvi fronte se richiesti)

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.