Il balletto nazionale finlandese è una compagine multietnica che comprende 74 danzatori, in cui si contano 8 italiani che hanno ricoperto ruoli di rilievo nelle varie produzioni dell’Opera di Helsinki. Nel Gruppo dei giovani sono presenti 14 danzatori di cui 3 italiani.
Abbiamo intervistato Martin Nudo, Stefania Cardaci-Krčmář e Francesca Loi della Compagnia dell’Opera e Giulio Diligente del Gruppo dei giovani, confrontandoli su diverse questioni, invitandoli a scambiarsi opinioni: per capire cosa c’è nella mente del danzatore professionista.
Come sono arrivati i nostri connazionali a far parte della Compagni dell’Opera di Helsinki e a rivestire dei ruoli da solisti?
Per merito, ma anche per dedizione a un lavoro che coinvolge l’individuo a tutto tondo, tenendolo essere sempre calato nella parte. In fondo i danzatori si riconoscono nei diversi contesti dalla postura, i modi garbati, cordiali, educati e gli atteggiamenti che sembrano quasi di un tempo andato ai quali si guarda quasi con nostalgia. Il mestiere del danzatore e della danzatrice è più che altro una disciplina-virtù che fonde vita e lavoro.
Dopo i diplomi è inevitabile iniziare a girare e farsi vedere.
Stefania ha studiato in Inghilterra e poi, dopo un’esperienza negativa a La Scala, ha deciso di inviare il curriculum e partecipare ad un’audizione fortuita: il giorno seguente aveva già il contratto in mano.
Anche Francesca si è diplomata a La Scala e poi ha deciso di guardarsi intorno. Spinta dalla curiosità dell’attività coreutica fuori dall’Italia, ha fatto esperienza in Francia, Belgio, Hong Kong e America. Il bisogno di rientrare in Europa iniziava a farsi sentire, e l’opportunità si è presentata travestita da audizione per il Balletto Nazionale Finlandese a New York. Anche se la Finlandia offre una realtà per certi versi diversa da quella italiana, ci si sente comunque un po’ più a casa dopo l’esperienza asiatica e americana.
Martin si è diplomato a New York per poi spostarsi in Germania, partecipando a diverse audizioni includendo quella per il Balletto Nazionale Finlandese.
Giulio ha studiato in Portogallo e ha preso parte a diversi concorsi online a causa covid. Tramite una conoscenza di suo fratello ha partecipato all’audizione a distanza per il Balletto Nazionale Finlandese: 12 facce a contemplare le sue capacità e cercare le imperfezioni da migliorare, ma già il giorno seguente gli veniva proposto il contratto per il Gruppo dei giovani, primo passo per entrare al Balletto Nazionale Finlandese.
L’audizione rimane quindi il metodo più consolidato per scorgere la predisposizione di un danzatore per la compagnia in questione. Le capacità artistiche sono sotto stress e possono compromettere la riuscita della stessa, ma se si piace alla commissione, il contratto viene offerto subito con posto assicurato nel corpo di ballo con possibilità solistiche in caso ci si distingua.
La giornata lavorativa è scandita da lezioni, prove e spettacoli: lezioni e prove dalle 10:00 alle 17:00 in giorni normali, mentre in giorni di spettacolo 10:00 – 13:00, trucco e acconciatura alle 17:00 e tutti sul palco per il riscaldamento delle 18:00, con inizio spettacolo alle 19:00 ad eccezione del sabato, che si può avere le repliche anche alle ore 14:00.
In un articolo precedente abbiamo già affrontato il tema della danza (Il movimento nelle arti visive 1880 – 2020), e in questa sede approfondiremo la differenza tra il lavoro col coreografo e le lezioni giornaliere della compagnia, che includono sempre tecnica classica.
La lezione è un momento di concentrazione e preparazione personale, un continuare a studiare il proprio corpo, raffinare i movimenti, mantenersi allenati, scoprire nuove tecniche e correggere le consolidate: si è sempre a scuola. Sembra che l’Opera finlandese sia tra i pochi ad offrire ai propri danzatori e danzatrici lezioni complementari di yoga e pilates, importanti per preservare il fisico e di cui si è già discusso qui, il tutto in spazi all’avanguardia. Una precauzione e conservazione sul corpo del danzatore per allontanare il più possibile il momento del ritiro dalle scene.
Le prove sono, invece, un momento di completezza, un lavoro a 360 gradi che include tecnica e immedesimazione nel personaggio o nella coreografia contemporanea.
Nel lavoro col coreografo la tecnica viene quasi “persa” per lasciare spazio alla propria versatilità, predisposizione al ruolo, far emergere la propria personalità non offuscando quella del personaggio che si interpreta. È una interpretazione, una malleabilità di un corpo che si adatta alle esigenze e richieste del coreografo o che, al contrario, il coreografo fa strumento suo per la sua propria creazione, lanciando spunti al danzatore che interpreta e propone, fino ad arrivare ad una visione quanto più vicina all’idea del coreografo. Si potrebbe quasi dire un’idea “giusta” della rappresentazione scenica.
Alcuni coreografi faticano ad esporre a parole i propri voleri, quindi spetta al danzatore fare proposte che verranno accettate o meno e magari integrate e modificate dal coreografo. Altri coreografi sono rigidi e sanno quello che vogliono, non lasciando spazio a proposte personali. Tutto dipende da cosa si deve mettere in scena e questo è valido sia per il classico che per il contemporaneo. Alcuni giovani coreografi hanno delle idee in mente, ma quando il danzatore le ripropone come il coreografo le vuole, ci si scontra con una non-funzionalità scenica che da il via al lavoro di cooperazione danzatore-coreografo.
Molto fa anche la conoscenza tra il coreografo e il danzatore: conoscendo la materia prima, il lavoro si fa più interessante anche in termini di proposte intercambiabili. I punti forti del danzatore vengono evidenziati nella coreografia.
Ma molto dipende anche dal balletto che si va a rappresentare. Per i nostri è stata l’ultima produzione: la versione intoccabile di Romeo e Giulietta di Cranko, e per quella non si sono accettate proposte nuove (nel 2006 Mauro Bigonzetti ha creato una propria versione di Romeo e Giulietta per Aterballetto. I danzatori indossavano come costumi le protezioni della Dainese, marca nota ai motociclisti, che ha anche sponsorizzato la realizzazione del balletto. Qui è disponibile il trailer): il balletto classico in un classico del balletto classico a confermare la sua immortalità. L’opportunità di danzare Cranko è stata definita dai nostri connazionali un privilegio. In questa produzione, Francesca e Stefania hanno impersonato le zingare, per Giulio è stato il ruolo di Benvolio a portarlo al primo ruolo solista poco dopo essere approdato alla compagnia, mentre Martin era Romeo come suo debutto in un ruolo principale. Ruolo anche sentimentale: era a Monaco di Baviera per un’audizione e il giorno seguente era previsto il rientro in Italia. Ha proposto alla madre di andare a teatro e rappresentavano proprio Romeo e Giulietta di Cranko e Martin è rimasto ammaliato dal ruolo. L’anno seguente partecipa al balletto come Corpo di ballo della Compagnia dei giovani a Monaco nella scena del ponte, ma spiava Romeo da cui poi è scaturito questo desiderio forte di interpretarlo. E il Balletto Nazionale Finlandese ha reso questo sogno realtà.
Ma si sa, gli esami non finiscono mai. E dall’ esame si passa ad audizione interna per la scelta dei ruoli: per produzioni consolidate si ripropone il solito cast, mentre per le nuove ci si mette in mostra tramite audizione interna oppure a lezione, come nel caso di Martin. Nel caso di Tripla (nostra recensione) la scelta si è basata più sul chi è più portato ad interpretare le coreografie: si volevano vedere stili ben specifici e per questo si è studiato delle sequenze, mentre per Cranko si è venuti a vedere una lezione. Spesso il coreografo ha già in mente uno “stereotipo” del danzatore ricercato e per quale ruolo scritturarlo, e viene cercato tra il corpo di ballo.
Ma come un danzatore o danzatrice trasforma le parole in movimento codificato o in proposte se il coreografo lascia libertà di espressione?
Si attinge da un mondo figurativo quale la pittura o si parte dall’astratto?
La tecnica in primis: capire, imparare e riprodurre le sequenze coreografiche e poi metterci la propria interpretazione, il proprio io se il coreografo lo permette. L’immedesimazione nel personaggio e nel tempo in questione gioca un ruolo preponderante nella proposta dei gesti scenici, ruolo a cui si entra in contatto soprattutto tramite la musica durante le prove ma anche attraverso un conoscimento nel personaggio stesso prima, attingendo da diverse fonti e dalla psicologia del personaggio stesso. I danzatori quindi non sono più loro stessi, ma si sono trasformati nei personaggi che interpretano. Spesso dopo la rappresentazione, si fa fatica a ritornare sé stessi e si passa una sorta di periodo di smarrimento, quasi un limbo dove poco alla volta si abbandona il personaggio e si rientra nella propria persona. L’adrenalina, tenuta al massimo per tutta la durata della rappresentazione, di colpo cala, lasciando quasi spiazzati, con una sensazione di vuoto. Così spiazzati, che non ci si ricorda quello che si è fatto prima, i passi, le coreografie.
In questo articolo abbiamo già affrontato la trasformazione della mimica nel balletto classico nel tempo e di come esso stesso si è evoluto.
Per il contemporaneo invece si tende più ad attingere dalla propria persona: in scena si è se stessi qui e ora, soprattutto per coreografie più corte quali quelli proposte per Tripla. È considerata una fortuna il fatto che l’Opera di Helsinki proponga un repertorio misto che offre la possibilità ai danzatori si sperimentarsi in diverse sfide.
Il corpo del danzatore è un corpo atletico, modellato da lezioni continue di danza e discipline integrative. Non è un corpo che ha bisogno di diete, ma piuttosto di un’alimentazione sana, varia, in proporzione al proprio metabolismo e al carico di lavoro fisico richiesto durante un determinato periodo. Le diete drastiche che (in passato) venivano propinate nelle varie scuole di danza sono delle scelte non sostenibili, che a lungo termine logorano il corpo e la mente danzante.
Sembra che l’Italia sia un Paese ancora molto rigido sulla questione cibo (includendo anche scrupoli personali del danzatore in questione riguardo al proprio corpo) al contrario degli altri Paesi. Bisognerebbe educare i giovani danzatori italiani ad essere coscienti di che cosa il proprio corpo ha bisogno, quando e quanto in proporzione al carico di lavoro.
Ma se le rinunce gastronomiche possono essere controllate giostrandosi tra periodi di maggior libertà a periodi un po’ più contenuti, sembra non essere possibile per le rinunce emotive.
Purtroppo incontri familiari, uscite con gli amici, feste di compleanno, vacanze, tanti di questi eventi sono stati sacrificati in nome della danza, soprattutto durante il periodo adolescenziale, quando questi contatti ed esperienze sono fondamentali alla crescita del giovane. Ne è valsa la pena, ma sono state grandi rinunce.
Fortuna almeno che ci sono le amicizie danzanti, con le quali si possono fare le stesse cose e che si affiancano alla famiglia originaria, con i tempi della danza.
Non si tratta quindi di un modo giusto o sbagliato di aver vissuto l’adolescenza, solo un modo diverso che ha portato a crescere anche in maniera più consapevole sotto diversi aspetti.
Rimpianti? Non proprio. Si sarebbe rifatto tutto, ma in modo diverso.
Si sarebbe lasciato scorrere addosso diverso stress mentale e pesate con consapevolezza e critica costruttiva le parole degli insegnanti; ci si sarebbe goduti qualche gelato in più senza sensi di colpa; si avrebbe rinunciato a qualche spettacolo per stare più tempo con la propria famiglia o con gli amici.
Ci si sarebbe equilibrati di più.
Perché’ come si sa, l’equilibrio fisico e mentale è un punto fermo del corpo danzante.
No regrets. La danza è di tutti ma non per tutti.
(Foto del titolo da La Bayadère, con Francesca Loi)