Il 2 aprile, i finlandesi alle urne hanno premiato il partito di destra Kokoomus con il 20,8% dei voti. Il Partito Socialdemocratico del primo ministro in carica, Sanna Marin, si è posizionato terzo, anche se con meno di un punto di distacco.
Ma Marin ha dichiarato subito dopo che abbandonava la segreteria del partito. Avendo soli 37 anni, questo ha sollevato una domanda ovvia: quale sarà il suo futuro politico?
Sembrano arrivare giusto in tempo le elezioni del Parlamento europeo che si terranno l’anno prossimo, e che potrebbero rappresentare il terreno ideale per rilanciare la sua carriera politica. Il posto di presidente della Commissione europea, attualmente occupato da Ursula von der Leyen del centrodestra, è improbabile: il centrosinistra europeo probabilmente non otterrà seggi sufficienti per imporre un nome del suo campo.
Data l’esperienza di Marin come Primo ministro, presiedere il Consiglio europeo, l’istituzione che rappresenta gli Stati membri dell’Unione europea, sarebbe una scelta da molti auspicabile. Dal 2009, i Primi ministri europei hanno sempre scelto uno di loro per assumere questa carica. Herman van Rompuy, Donald Tusk e Charles Michel hanno tutti una cosa in comune: hanno già fatto parte del Consiglio in quanto Primi ministri. Marin, essendo stato premier finlandese dal 2019, proseguirebbe questa “tradizione”.
Questione di genere
Il trio ha un’altra cosa in comune: sono tutti maschi. Dopo Ursula von der Leyen, che è stata la prima donna presidente della Commissione, e Roberta Metsola che è succeduta a David Sassoli dopo la sua prematura scomparsa all’inizio dello scorso anno, il Consiglio potrebbe scegliere il suo primo presidente donna nominando Sanna Marin.
Geopolitica
Anche la geografia ha la sua parte. Finora nessun politico nordico ha ancora occupato il posto di presidente della Commissione o del Consiglio, mentre il polacco Tusk ha ricoperto quest’ultimo incarico. La necessità di garantire la diversità geografica potrebbe quindi giocare a favore di Marin.
Leadership e fermezza
In realtà l’argomento più solido a sostegno di Marin è il suo curriculum come premier finlandese. Di fronte all’invasione russa dell’Ucraina, ha dato prova di leadership e fermezza, facendo entrare il Paese nella NATO. La Finlandia ha anche svolto un ruolo di primo piano nel definire la risposta dell’UE alla guerra.
Questa risolutezza potrebbe rappresentare un cambiamento in positivo rispetto allo stile incerto di Michel, l’attuale presidente. Il suo mandato è stato funestato da gaffe protocollari e da una direzione poco accortadelle riunioni del Consiglio, con conseguente malcontento dei suoi colleghi.
Marin rimane una figura molto popolare in patria – il PSD ha guadagnato tre seggi rispetto al 2019 – ma soprattutto all’estero. Il profilo internazionale del premier finlandese può essere una risorsa da sfruttare.
Prudenza in patria
Più freddo è il dibattito in Finlandia, soprattutto tra le fila del centro-destra, i vincitori delle recenti elezioni del 2 aprile.
A parere del Partito di Coalizione Nazionale, casi simili sono stati valutati in passato con eccessivo entusiasmo. Magari di proposito, per migliorare i risultati elettorali.
“Abbiamo sentito questi discorsi in Finlandia all’epoca di Lipponen, e si pensava che fosse un candidato sicuro alla presidenza della Commissione. Ma non è stato così. La stessa scommessa è stata fatta su Katainen”, spiega Sirpa Pietikäinen.
Per poi aggiungere, sarcasticamente: “Noi finlandesi siamo soliti pensare e discutere di ciò che viene detto di noi, anche se nessuno pensa o discute di noi”.
Sempre in forma riduttiva interviene anche Petri Sarvamaa (sempre del Kokoomus), precisando che, nonostante le lodi rivolte in Europa alla Marin, lei non è l’unico politico a essere coinvolto in un dibattito simile.
“Dopo tutto, ci sono altri primi ministri ed ex primi ministri che potrebbero essere candidati l’anno prossimo. Ad esempio, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez”.
(Per tutte le foto utilizzate, siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)