Tra i vari progetti finanziati dalla fondazione Kone a volte è possibile trovare delle vere e proprie gemme nascoste, che informano su figure che, straordinarie per una cerchia ristretta, possono essere passate inosservate ai più. È il caso, ad esempio, del progetto T-Bone Slim and the transnational poetics of the migrant left in North America , a cura del gruppo di ricerca guidato da Kirsti Salmi-Niklander, che indaga sulla figura mitica di Matti Huhta (fu Valentin, 1882-1942), meglio noto come T-Bone Slim.
Nato in una famiglia di finlandesi di Kälviä (Ostrobotnia) emigrati ad Ashtabula, Ohio, fu uno degli esponenti dell’hoboemia, un fenomeno culturale e sociale emerso tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, soprattutto negli Stati Uniti.
Il movimento fa riferimento alla sottocultura degli hobos, lavoratori itineranti che cercavano lavoro ovunque lo trovassero. La sottocultura degli hobos, con i suoi costumi unici, le sue strutture sociali e i suoi contributi culturali, offre preziosi spunti di riflessione sulle complessità del lavoro, della mobilità e della comunità tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, e induce anche a riflettere su questioni di disuguaglianza sociale ed economica. Non a caso, Matti Huhta fu anche un famoso editorialista della rivista dell’IWW (Industrial Workers of the World). Alle pubblicazioni in inglese, si affiancano quelle in finlandese per la rivista Industrialisti; e il bilinguismo è un altro aspetto indagato dal gruppo di ricerca, come indicato dal nome stesso del progetto.
A questa sua attività sociale, si aggiunge anche quella di compositore e cantante folk, autore, tra l’altro, della famosa The Lumber Jack’s Prayer. Durante gli anni Sessanta ci fu un rinnovato interesse per le sue canzoni quando furono cantate dagli attivisti del Movimento per i diritti civili. In un’intervista, Noam Chomsky ha citato T-Bone Slim come uno dei suoi cantanti Wobbly preferiti.
Nel 1992 è uscita una selezione di scritti di T-Bone Slim, Juice is Stranger than Friction, a cura di Franklin Rosemont. A detta di molti ricercatori, il particolare stile dell’autore è dovuto appunto al suo bilinguismo, capace di espandere i suoi orizzonti linguistici, aiutandolo a comporre frasi con double entendre, estensioni e distorcimenti sintattici e linguistici di particolare effetto.
Si è arrivato persino a sostenere una sua influenza sul Surrealismo di Chicago; mentre il Surrealismo francese e mitteleuropeo enfatizzavano l’esplorazione della mente inconscia, dei sogni e delle ideologie rivoluzionarie, quello di Chicago era più orientato verso la giustizia sociale, l’impegno nella comunità e l’incorporazione di questioni culturali e sociali americane. Sotto questo aspetto, è possibile trovare una consonanza con il movimento americano, anche se rimane assente, secondo noi, uno sviluppo poetico adeguato della dislocazione percettiva e della casualità oggettiva, tipiche di ogni movimento surrealista, pur se sviluppatosi in ambienti e per bisogni diversi.
Segnaliamo, infine, l’indirizzo del corpus riguardante T- Bone Slim, dove è possibile scaricare scansioni e trascrizioni dei materiali primari, e molto altro.
Tristissima la fine. Il 15 maggio 1942 a New York un poliziotto trovò un corpo che galleggiava vicino al molo 9 dell’East River. Il corpo era in acqua da circa quattro giorni e non presentava segni evidenti di lesioni esterne. Il caso fu archiviato come annegamento e la polizia ipotizzò che la persona fosse ubriaca, caduta in acqua e annegata. Dopo l’identificazione, il corpo non fu reclamato e fu sepolto in una tomba per poveri sull’isola di Hart.
Quando scrisse le parole seguenti, nel 1925, forse aveva un presentimento della sua fine:
“After capitalism is fully developed and civilization has reached its dizziest pinnacle, and when the whole land, all the ponds, and part of Lake Michigan is dotted with tombstones – and all the prairies are graveyards – all the valleys are cemeteries – and all the mountains are mausoleums, I mean – when there is left no place in which to tuck the dead, this will be a good world to live in.
The graves should be dug deeper. Plant the dead two and three deep – sort of “stack ‘em up.” Square the tops of the tombstones – all of equal height so that we can build our HOUSE on the remains of the dead.”