Il 3 giugno 1924 moriva Franz Kafka, dopo mesi di agonia, nella clinica del dottor Hoffmann a Kierling, nei pressi di Vienna. Non molto tempo dopo Max Brod, suo amico ed esecutore testamentario, avrebbe pubblicato i suoi testi inediti, contravvenendo alle indicazioni dell’amico, tra i quali i tre romanzi incompiuti (Il processo, Il castello, America).
Per celebrare il centenario sono state avviate molte iniziative editoriali nel mondo. Per quanto riguarda il mercato dei libri in Italia, vanno ricordati due progetti coraggiosi con traduzioni completamente nuove dei libri di Kafka. Bompiani ha dato alle stampe Tutti i romanzi: Tutti i racconti e i testi pubblicati in vita, a cura di Mauro Nervi, con testo tedesco a fronte, nella collana di classici europei; Il Saggiatore pubblica Il castello, Il processo e Il disperso (nuovo titolo attribuito ad America), in volumi singoli affidati alle traduzioni di Alessandra Iadicicco, Valentina Tortelli e Silvia Albesano.
Per quanto riguarda la Finlandia, va segnalato che il titolo dell’ultimo romanzo di Katja Kettu (Erään koiran tutkimuksia) è sulla falsariga di Forschungen eines Hundes di Kafka. Ma qui vogliamo ricordare l’evento con una poesia di Jukka Koskelainen (Helsinki 1961), che fa parte della raccolta Mitä et sano (Tammi, 2005) tradotta in italiano da Antonio Parente nel volume Ciò che non dici (Raffaelli 2010).
Praga
Ogni passo seduce, ogni altro zittisce.
Strade ornate da sgargianti facciate,
dietro cui, all’improvviso, spunta la milizia.
Per il tedesco dell’est questa è terra libera,
per quello libero, una provetta. Gli ultimi anni
ottanta arrivano subito all’inizio,
vale ancora la pena affondare in un’era di terrore, al riparo,
per ricordare più tardi, conoscere le fasi sicure
della nostalgia, i fondamenti della critica culturale.
Qui passò Kafka, lì un carro armato,
e dopo, la regione è fuligginosa,
un campo vischioso, incantevole,
Prova almeno a smarrirti lì (dietro la facciata…).
La pellicola mette a nudo una città inversa,
terra inversa, dove senza dubbio si sostenta,
ma dove non conosco nessuno. Senza dubbio
si spera, e le speranze si ammucchiano in fuliggine sulla facciata,
dove la milizia deplora i graffiti,
tracciati da chi si credeva libero,
“total chaos”, che picchiettò il vetro della provetta,
ma il vetro era già rotto, il liquido fluiva
come il flusso sotto i ponti della città,
tempo maestoso, lento,
che mai si è fermato,
soffocato, raccolse pressione,
e ora capisco com’è vivere sotto pressione,
respirare ogni altro passo.