Finlandia: speranze tante, ma zero medaglie alle Olimpiadi

Parigi, una catastrofe.  Tanti piccoli Paesi hanno assaporato la gloria delle medaglie, ci sono ben 82 Paesi nel medagliere. La Finlandia non è tra questi. Eppure si tratta di uno dei Paesi più avanzati del mondo, per tanti aspetti. E non è nemmeno un problema di oggi: nulla è cambiato dalle Olimpiadi di Tokyo (2 medaglie) o di Rio de Janeiro (1 medaglia).

Foto LUT Press

In una dettagliata intervista a un noto quotidiano Karl-Erik Michelsen, professore presso il Politecnico di Lappeenranta, ha guidato un team di ricercatori che per un paio d’anni ha effettuato una valutazione approfondita dello stato dello sport d’élite finlandese. A suo parere, in Finlandia è diffusa la cultura dello sport agonistico, ma non si capisce bene cosa sia uno sport d’élite.

“È qui che la comprensione è in ritardo, e anche i media dovrebbero guardarsi allo specchio quando parlano di quanti sono facilmente arrivati alla squadra nazionale come dei top atleti o delle star. È fin troppo noto che è opera  prevalentemente dei media la costruzione dei “mitalitoivot”, una forma di persecuzione di giovani atleti individuati come portatori (sani) di medaglie prima ancora che producano alcun risultato di rilievo. Salvo poi abbandonarsi, dopo ogni fallimento, a pianti inconsolabili sulla sorte maligna.

Il fatto è che c’entra sempre meno il destino, in un mondo così tecnologizzato: nello sport d’élite contano le vittorie, e le medaglie. E non è certo questione di popolazione: basti guardare all’esempio dei Paesi Bassi:  sessantanovesima piazza per numero di abitanti tra tutti i Paesi che hanno partecipato alle Olimpiadi, 15 ori, 7 argenti, 12 bronzi per un bottino che colloca gli atleti orange secondi tra i Paesi europei (alle spalle solo della Francia).

Il rapporto include un contributo di due ricercatori danesi che confrontano il sistema finlandese con quello di altri Paesi nordici. Rasmus K. Storm e Klaus Nielsen si sono chiesti come mai in Finlandia i vertici dello sport d’élite non siano responsabili dei risultati ottenuti. In Norvegia, ad esempio, ai dirigenti viene concesso un finanziamento per quattro anni, ma se non danno risultati, alla resa dei conti vengono sostituiti.

Michelsen sospetta che lo stesso non valga per la Finlandia. “Scommetterei che dopo questo disastro non ci saranno cambiamenti nel personale del Comitato Olimpico.”

Un altro aspetto molto discusso è la scarsa presenza di immigrati. Secondo il professore,  “per raccogliere successi, il patrimonio genetico finlandese non è sufficiente. Nel nostro rapporto, abbiamo chiesto un percorso dedicato ai giovani immigrati di talento per accedere allo sport di élite. In tutto il mondo lo sport è un ottimo modo per integrarsi nella cultura locale, ma in Finlandia questo aspetto non è stato sfruttato, soprattutto negli sport individuali.”

Il calo demografico poi fa sì che un numero sempre minore di giovani siano distribuiti in un numero sempre maggiore di discipline, in cui si allenano con meno risorse rispetto a molti atleti dei Paesi concorrenti.

Dunque servirebbe una maggiore concentrazione e selezione delle risorse: la Finlandia ha quasi un centinaio di federazioni sportive, quasi 10.000 club, accademie , organizzazioni regionali, un Comitato Olimpico, la TUL (Federazione dei lavoratori) e così via.

Quando piccole somme di denaro vengono divise tra così tanti atleti e discipline, a tutti restano le briciole. Il governo di Petteri Orpo prevede di tagliare i fondi per lo sport fino a 40 milioni di euro entro il 2027. Attualmente il budget per lo sport è di circa 165 milioni di euro.

Ancora una volta si dovrebbe guardare ai Paesi Bassi, in cui la svolta è arrivata nel 2006  quando il Noc (il Coni olandese) ha cambiato radicalmente la sua politica. I fondi a disposizione dovevano essere indirizzati su quelle discipline, su quelle società e su quegli atleti in possesso di concrete possibilità di andare a medaglia.

Cosa fare? Nell’immediato converrebbe identificare i migliori allenatori del mondo e mandare gli atleti finlandesi ad allenarsi lì per quattro anni. Ma Michelsen è consapevole che gli allenatori finlandesi non gradiscono l’idea, perché difendono accanitamente il proprio territorio e credono nell’onnipotenza della loro competenza. Un esempio è dato dal calcio finlandese, incapace di andare oltre una “storica” qualificazione agli Europei. Eppure, i calciatori militano in buona parte in campionati esteri di prestigio, ma poi, in Nazionale…

Ciò nonostante a Parigi i finlandesi un primo posto l’hanno raggiunto: quello dello spirito decoubertiano. In parecchi si sono dichiarati assolutamente felici di partecipare e di godersi l’atmosfera olimpica. Ecco anche qui il popolo più “felice” del mondo. Vero?

Vero è che nella serata finale, alla cerimonia di saluto, solo un atleta finlandese si è fatto vedere. Tutti gli altri, dove saranno andati a smaltire tutta quella felicità?

(Foto del titolo Kati Laukkanen. Per tutte le foto siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.