In Finlandia Babbo Natale, joulupukki, non è un prodigo papà e neanche il nonno del gelo (russo Ded Moroz), in generale non è nemmeno troppo umano (tedesco Weihnachtmann) e non ha l’aspetto di un folletto (svedese Jultomten) bensì quello di un capro (pukki, svedese bock), nel mito norreno la bestia augurale per eccellenza, dispensatrice di fertilità il cui simbolo sopravvive in ornamenti natalizi di paglia (julbocken) o in mastodontici feticci destinate alle fiamme.
Anche in altri angoli d’Europa la quiete nell’attesa della nascita di Gesù è rotta da figure inquietanti con corna e pelli, a partire dal Krampus dei paesi di lingua tedesca, il demone impostore nascosto tra le bande dei giovani in maschera e sconfitto da San Nicola ma, nella patria del “vero” Babbo Natale, quello che vive e lavora alle pendici del Korvatunturi, di capri che si aggirano tra le case nei giorni più bui dell’anno ce n’è più d’uno.
Il primo della lista è kekripukki, maschera della ricorrenza di kekri, periodo cerimoniale di banchetti e libagioni dall’incerta collocazione di calendario (iniziava il giorno dell’Arcangelo Michele, il 29 settembre e terminava il giorno di tutti i Santi), un solenne convito che sanciva la fine delle attività agricole d’autunno e, come ricordato da Kristfrid Ganander, celebrava l’auspicio di stalle piene e greggi prospere.
Kekripukki circolava il giorno successivo al banchetto chiedendo offerte di birra e acquavite, spesso accompagnato da una pastorella, Kylän Kaisa, “Caterina del villaggio” e dalla dea dell’abbondanza, Runsauden haltijatar dai grossi seni coperti di capezzoli.
In coda alle feste, nelle regioni sud-occidentali, compariva nuuttipukki, un giovane agghindato più o meno come il suo cugino dell’avvento: corna adunche, talvolta una coda penzolante, una pelliccia bigia e una maschera di cuoio o di corteccia; circolava il “giorno di Knut” (Nuutinpäivä, 13 gennaio, il dì di Canuto il Santo), passava tra le case chiedendo un goccio di sahti (aromatica birra tradizionale a base di orzo) e, se non veniva accontentato, si portava via tutta la botte.
Nel caso di kekri il contenuto demetrico del simbolo, nei tempi cristiani, è stato via via svuotato e, nel periodo della Riforma, ricondotto forzatamente all’orbita delle festività natalizia (pratiche come la molibdomanzia, divinazione con figura di piombo fuso, sono diventate di pertinenza del Natale) risparmiando però l’arcaica fascinazione della coreografia popolare mentre nuutti, elemento mutuato dal folklore svedese, è una figura più recente, sostanzialmente legata al calendario dei santi e alla data dell’epifania.
In origine il giorno era infatti il 7 gennaio, seguiva l’apparizione di Cristo e concludeva il ciclo di venti giorni della “pace di Natale” (joulurauha), sopravvivenza scandinava della Pax et tregua Dei medievale.
Nel costume orale kekri e nuutti sono sovente accostati a una data intermedia particolarmente significativa, il giorno di San Tommaso (21 dicembre) che, tradizionalmente, inaugurava la settimana di Natale: Hyvä Tuomas joulun tuo, Paha Nuutti pois vie, Tule Tuomas tupaseen, tuo jouluvarat tullessasi, “Tommaso, benevolo, porta il Natale, Nuutti il cattivo lo ruba tal quale; vieni, Tommaso, alla nostra dimora, fasti e ricchezze consegnaci ancora.”
Tule meille, tuomas kulta, Tuo joulu tullessas, Tule kekri, joutu joulu, Sekä pääse pääsiäinen, “Vieni a noi, Tommaso amato, reca il giorno celebrato, porta, kekri, gran tripudi e con la Pasqua poi concludi.”
Il giorno di Santo Stefano (tapaninpäivä) era dedicato alle processioni di giovani e adulti che passavano di porta in porta al seguito del terzo capro di Natale, tapaninpukki detto anche jouluäijä, il “vecchio di Natale” dalle fattezze più umane degli altri demoni cornuti ma non per questo meno inquietante: una pelliccia indossata al rovescio (caratteristica comune anche a köyriätär, “compagna” di kekripukki), una coda imbevuta nel bitume che spunta tra le gambe e un fido cavallo fatto d’un ramo o d’un fascio di paglia. Anche questo capro, col suo seguito di ragazzini, era incline ad augurare la buona sorte della famiglia solo se adeguatamente accolto e ristorato dal padrone di casa.
In Finlandia, tra greggi caprini al pascolo natalizio, il ruolo del dispensatore di regali è stato tenuto opportunamente lontano dalla figura di Nicola vescovo di Myra prima di essere definitivamente assorbito nella maschera globale del Santa Claus barbuto e rubizzo creato da Frederic Mizen per Coca Cola. Non è tuttavia da escludere che i capri finlandesi con il loro incerto vagabondare, gli abiti laceri e la poca creanza abbiano contribuito alla diffusione del mito pop del bad Santa.
Così, nel 1906, un contadino di Kankaanpää, Alppu Silli, descriveva l’arrivo di joulupukki il giorno di San Tommaso: a Natale, nella parrocchia, facevano girare tra i villaggi il più giovane, “il ragazzo di stoppia” (pahnapoika) detto anche il “capro di Natale” (un uomo avvolto nella paglia). Quando arrivava a una casa, solitamente lo scambio di parole era il seguente: ragazzo di stoppia: “Buona sera!”, gente di casa: “Donde venite, nonnetto?”, ragazzo: “d’Oulu dal lungo viale, e manco so cos’è il Natale.”, “Che volete”, “una pipa per fumare, ché le labbra ho da serrare”.
Se riceveva l’accoglienza sperata, joulupukki rendeva grazie alla prosperità della dimora mentre, se non era soddisfatto, si congedava con uno sberleffo: täällä on ohra halla pannu, ei kapasta tullut kun yksi kannu, seki niinku kirnupimää josta ammät tulee kiimeän, “qui dell’orzo v’è penuria, me n’han dato un moggio appena, alle donne per lussuria basta un po’ di panna a cena”.
Babbo Natale o bestia espiatoria, probabilmente joulupukki era apprezzato più per la schiettezza che per i doni.
(22.12.2019)
(Illustrazione del titolo di Jenny Nyström, 1947. Per tutte le immagini pubblicate, siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti.)