La Lapponia che non c’è. Racconti di viaggi senza scampo

Sulla stampa italiana, con la bella stagione, è tutto un fiorire di articoli, foto e video che reclamizzano luoghi imperdibili per il  turista, sovente costellati di video formidabili che ci propinano panorami sempre mozzafiato.

Ogni tanto tra questi luoghi da non perdere capita la Finlandia, a volte la Lapponia. Con le guerre che infestano tanti luoghi prima mete di turismo d’élite, le terre a nord del Baltico restano luoghi ancora ameni e sicuri quanto basta.

Ma spesso chi scrive di questi posti è un reporter da weekend, che utilizza immagini e formule di un formato standard applicabile ad ogni luogo. Un esempio l’ho trovato sulla “Stampa” il 10 luglio scorso: un articolo dedicato alla Lapponia finlandese. Il titolo mi ha colpito in parti vitali: Lapponia finlandese: luci mutevoli, silenzi profondi e saggezza Sámi nei boschi del nord.

Mi sono detto che non è il solito reportage: il non tanto coperto rimando leopardiano mi ha allertato, ero di fronte a una scrittura alta, rivolta ad un pubblico esigente. Lo dimostra la serie sistematica di ossimori, i contrasti violenti di luce: “al mattino sprigiona stridenti cromatismi, di sera indugia in vellutati chiaroscuri.” Perché “è in estate che la natura lappone esplode taciturna, austera forse e un po’ monotona ma intrigante: e l’ha raccontata bene Arto Paasilinna ne L’anno della lepre dove Vatanen, giornalista di Helsinki, dopo aver investito una lepre che fuggiva nella campagna, si rifugia nei boschi di betulle scatenando una serie di episodi, anche ironici” (corsivi miei).

L’anno della lepre è il romanzo più celebre di Paasilinna, che alla Lapponia e ai suoi personaggi ha dedicato tante pagine. Ora,  mi viene da pensare, volendo fare un rimando letterario,  è mai possibile che non si abbia niente altro nello zaino da viaggio che non sia proprio quel libro? Uno che voglia rivelare a noi qualcosa di un paese poco noto, non ha niente di meglio che un rimando all’unico romanzo finlandese che una buona parte degli italiani conosce?

Il fatto è che la Finlandia dei reporter da weekend ha spesso l’aspetto di un tipico paese del Far west: una lunga strada che a destra e a sinistra ha “uno di tutto”. Il saloon, il barbiere, lo sceriffo, il becchino. Per raccontare la Finlandia si ricorre sistematicamente a Paasilinna per la letteratura, Kaurismäki (quello taciturno) per il cinema, Sibelius per la musica, Alvar Aalto per l’architettura.

E ad Aalto si arriva, non c’è scampo. Perché nelle inevitabili notti bianche “la luce fatica a eclissarsi anche nei caldi interni dove indugia per poi smorzarsi lentamente, assorbita da pareti accoglienti. Di quel legno descritto da Alvar Aalto, geniale architetto e designer cresciuto al freddo e al vento del nord finnico”. (Come avrà fatto a sopravvivere? Per i curiosi basterà leggere il bel volume biografico sulla grande coppia del design finlandese.)

Il reporter però, anche se non conosce questo libro, non è un ingenuo. Per raccontarci la natura lappone ha un’arma segreta: una guida. E non una semplice guida locale, come farebbe un buon turista. La Minna che ci viene proposta è di tutt’altro livello, e ha un Curriculum di tutto rispetto. Ingegnere, terapista erborista, praticante Reiki, istruttrice di canoa, life coach e insegnante di yoga RYT500. E attualmente studia Ayurveda e PNL.  

Una così non si limita a raccontargi (e raccontarci) quello che può far comodo sapere di questa terra ricca di luce e canoe, ma ci “instilla con dovizia” scienze e conoscenze, per esempio portandoci a fare il Forest Bathing… Niente paura, ci viene spiegato subito dopo: “insegnando a calpestare soavemente l’erba”. (Che è quello che faccio ogni mattina nel cortile di casa, ma senza essermene mai reso conto!)

Insomma, vi si insegna a “vivere e godere l’armonia performata (sic!) dai boschi lapponi”.

Eh sì, i boschi, tra Ivalo e Inari, dove vivono i sámi. È gente da incontrare con le dovute cautele. “Da secoli green nel Dna”, per conoscerli conviene “partecipare a uno dei bushcraft organizzati dal moderno e panoramico Wilderness Hotel Muotka di Kiilopaa (Kiilopää), che si risolve in un breve corso di sopravvivenza stile scout.  Niente tecnologia invadente, al massimo è consentito l’uso di un piccolo Victorinox.

Le renne… beh, quelle un po’ spelacchiate che ti fanno vedere d’estate in recinti stile corral non valgono poi la spesa. A stupire i profani (noi) ci sarebbero “le alci libere e selvagge, o meglio le loro gigantesche impalcature (credo che siano i “palchi”) che raramente fanno capolino tra i turisti”. E certo: figurati se le alci (sempre al femminile) fanno capolino così, senza magari un extra per qualche ingegnere che sa dove si nascondono.

Penso con tenerezza a quegli italiani che, avendo letto dell’editore Vocifuoriscena La religione dei Sámi di Uno Harva o il capolavoro di Timo Mukka L’urlo della terra si vedano riassunte le caratteristiche dell’unico popolo indigeno d’Europa con queste parole:

“Le caratteristiche più oggettive dei Sami come gruppo etnico sono infatti i legami culturali, e se la lingua è di primaria importanza lo sono anche altri tratti identificativi come l’abbigliamento tradizionale, l’artigianato, la musica e il sapere pratico e funzionale alla sopravvivenza. Una definizione culturale ancora più ampia comprende poi l’economia, i modelli e le usanze sociali, i detti, i proverbi sopravvissuti oralmente, i racconti popolari, le leggende e i miti.”

Ecco in una sintesi insuperabile le caratteristiche peculiari “performate” dagli abitanti della Lapponia. (Ma provate ad applicarle a qualsiasi altro popolo della terra, dagli indigeni dell’Amazzonia agli abitanti di Trastevere: funziona sempre, una sorta di formidabile passepartout antropologico.)

Quando un reportage non è costruito su solide esperienze culturali, ma nemmeno su un “sapere pratico e funzionale”, si corre il rischio di non raccontare nulla della realtà di un paese, e questo porta a una scrittura autocompiaciuta, zeppa di aggettivi, fino al grottesco di allitterazioni involontariamente raffinate: fare trekking tra fitti fusti magici è un capolavoro, sembra uscito dalla penna di Elias Lönnrot.

(Sotto il titolo: Sera di primavera, di H. Simberg, 1897)

Nicola Rainò
Giornalista, traduttore letterario, studioso di lingua italiana e storia dell'arte. Emigra dal Salento a Bologna per studi, poi a Helsinki per vivere. Decise di fondare La Rondine una buia notte dell'inverno del 2002 dopo una serata all'opera.