Kirsi Eskelinen, direttrice del Museo Sinebrychoff di Helsinki, e Claudia de Brün, curatrice, hanno presentato alla stampa una mostra di assoluto valore che sarà aperta a Helsinki il settembre prossimo, dedicata a un grande maestro del Rinascimento tedesco, Lucas Cranach il vecchio. La mostra, la prima in Finlandia dedicata al grande artista, si intitola Renessanssin kaunottaret (Le beltà del Rinascimento), e presenterà 30 opere, tra dipinti e grafiche, a partire da due celebri figure muliebri di proprietà del Museo di Helsinki: Ritratto di giovane donna (1525) e Lucrezia (1530).
Le opere in prestito vengono da gallerie di Stoccolma, Copenhaghen, Praga, Trieste, Berlino, e da raccolte private. L’anteprima per la stampa si è tenuta nella cornice del ristorante Southpark, adiacente agli uffici del Museo su Bulevardi.
Nato nella cittadina
di Kronach (dalla quale prende poi il cognome) nel 1472, il giovane Lucas apprende
i rudimenti del mestiere nella bottega del padre Hans Maler, pittore e
incisore. Sappiamo che si trasferisce a Vienna, e successivamente a Wittenberg,
chiamato a servizio dell’elettore di Sassonia Federico il Savio. Rimarrà qui, a
parte alcuni viaggi, per tutta la vita, lavorando anche per i successori di
Federico.
Pittore ufficiale della corte sassone, non si limita alla sola produzione di
quadri, ma, come i grandi maestri italiani del Rinascimento, sovraintende alla
realizzazione di ogni manufatto artistico, dalla progettazione all’allestimento
di apparati effimeri in occasione di cerimonie e ricorrenze particolari, alla
creazione di medaglie, lapidi, abiti, mobilio, cammei, vetrate. Il gran numero
di commissioni, soprattutto i ritratti dei predecessori del principe, porterà alla creazione di una grande bottega,
gestita con grande spirito imprenditoriale, che contribuirà alla fortuna (anche
economica) dell’artista.
Oltre che alla corte, Cranach riesce a dare una forma anche alla Riforma protestante, fornendone un’immagine precisa e riconoscibile, grazie soprattutto allo strumento dell’incisione, prodotta a livello quasi industriale nella casa editrice del pittore. Cranach aderì alla Riforma, e assunse cariche pubbliche: fece parte del Consiglio di Wittenberg, e in seguito ne fu borgomastro. Diventato amico personale di Martin Lutero, lo ritrasse ripetutamente, per la prima volta in un’incisione del 1520; ne farà anche un ritratto insieme con sua moglie Katharina von Bora.
Il Cranach però che vedremo nella Mostra del Sinebrychoff rappresenta un aspetto non meno noto della sua produzione: l’esaltazione della bellezza muliebre, il nudo femminile. Cranach fissa un canone di bellezza che si evolve nelle tante altre figure femminili del suo repertorio: da Venere alle Tre grazie, da Eva a Lucrezia. Sono opere che rivelano non solo la sua conoscenza della cultura classica, ma anche i rapporti tra Cranach e la pittura italiana e la vicinanza con pittori come il Francia, Perugino, Palma il Vecchio e Jacopo de’ Barbari, suo predecessore alla corte di Sassonia. Senza dimenticare il suo incontro fondamentale con Tiziano.
L’immagine della donna sensuale, seducente e spesso nuda costituisce una delle novità più spettacolari dell’arte del Rinascimento italiano (Botticelli, Raffaello, Giorgione, Tiziano). Eppure il pittore cinquecentesco del nudo femminile per antonomasia è proprio Cranach. Se pur diverso, perché non segue la tipologia classicheggiante del nudo rinascimentale cui siamo avvezzi.
Cranach comincia a misurarsi con il tema nel 1509, in una xilografia che raffigura “Venere e Cupido” e nella grande tavola del medesimo soggetto all’Ermitage. La figura femminile si staglia sullo sfondo nero come una Venere di Botticelli ma il suo modello è in realtà l’Eva del grande dittico del Peccato originale dipinto da A. Dürer nel 1507.
Una serie di nudi femminili che non ha eguali nell’arte del Cinquecento europeo prende forma a partire dalla fine del terzo decennio, adeguandosi a un mercato artistico in fase di mutamento, per via della scelta iconoclastica delle chiese luterane. Le nuove tipologie profane, sensuali e di gusto umanistico, furono lanciate per assicurarsi una clientela diversa, assecondando le esigenze e i gusti moderni del principe elettore, della sua corte e dei ceti più abbienti delle città sassoni e dell’Europa centrale. Per quanto riguarda il significato di tali immagini, non è da escludere che nascondano un messaggio edificante.
Come nel caso delle tante Lucrezie che, fissando lo spettatore con uno sguardo ambiguo, si trafiggono il candido petto col pugnale. In Cranach non troviamo però il pathos che Dürer e Tiziano hanno inserito nelle loro versioni del soggetto.
Va detto che si tratta di opere pittoriche prodotte in serie, basate su un unico schema tipologico che ne costituisce la chiave del successo. Opere, insomma, che hanno sancito con il marchio di Lucas Cranach il parametro della bellezza femminile per quasi un secolo in tutta l’Europa centro-orientale. Le donne di Cranach seducono perché sono sinuose, coinvolgenti ma anche ambigue, perfide e dunque irresistibili.
Nell’Adamo ed Eva degli Uffizi, due grandi tavole datate 1518, la prima donna ha già staccato dall’albero il pomo fatale che porta ben visibile sulla buccia il segno dei suoi dentini. Lo offre con un gesto insieme timido e sfrontato al suo compagno che si gratta la testa perplesso ma che certo non saprà resistere. L’attrazione erotica e l’effetto comico si bilanciano in un dialogo senza parole che resta indimenticabile.
Quanto diventa interessante, in un Paese luterano come la Finlandia, assistere all’incontro/scontro di due mondi e due culture. C’è da augurarsi che i curatori non trascurino, nell’allestimento della mostra, di instaurare un dialogo tra queste due visioni della stessa epoca. Segnalandone la differenza fondamentale, che è il diverso rapporto con l’Umanesimo e il Classicismo.
Nelle opere di Cranach le stesse figure di Botticelli e Tiziano subiscono come una distorsione, rifiutano l’equilibrio formale per contorcersi spinte da una forza interiore. Non si tratta, credo, di una sensibilità pre-manieristica, come è stato accennato durante la presentazione della mostra, ma di un fenomeno del tutto diverso.
In Cranach, l’artista del genus humile nella definizione di Melantone, c’è una consapevole scelta anti-umanistica e anti-rinascimentale, che si manifesta, per esempio, in alcuni caratteri ‘decorativi’ a volte eccessivi, con effetti a volte ironici: certe armature di personaggi biblici, o lo sfolgorio dei copricapi di tante Eve e Lucrezie, fanno sentire la presenza di una sensibilità ‘gotica’, quindi nordica, come benissimo segnalava tempo fa Roberto Longhi nel suo “paragone discreto” tra arte italiana e tedesca, scrivendo della “linea crepitante del Cranach che scintilla e si torce come sterpaglia resinosa nel camino del nord”.
Osservazione che va tenuta a mente, per rimarcare la differenza, ma anche, come suggerisce il grande critico, per recuperare le comuni radici di sterpaglia e gigli toscani, rimandando a un gusto universale cinquecentesco di cui Cranach era interprete a tutti gli effetti.
Lucas Cranah
Renessanssiin kaunottareet
Museo Sinebrychoff
26.9.2019 – 5.1.2020