Una chiesa senza nome. I turisti, le guide internazionali, la chiamano da cinquant’anni “Rock Church”, ma se pensiamo al suo nome in finlandese, Temppeliaukion kirkko, viene fuori qualcosa come “Chiesa della spianata del Tempio”. Un non-nome. Perché?
Perché la chiesa che doveva essere originariamente costruita diventò decenni dopo, in seguito a una guerra mondiale e le sue ricadute, qualcosa di totalmente diverso. Tutto comincia negli anni ’30, quando, nel distretto di Etu-Töölö si decide di erigere una chiesa al centro di una elegante piazzetta. Come si era già fatto pochi anni prima, a poche centinaia di metri, per la Kristuskyrkan, opera neogotica di Atte V. Willberg (1927-8), e proprio nel 1930 a Taka-Töölö, con la chiesa di Hilding Hekelund (1930), un esempio del cosiddetto “classicismo nordico”.
Una lunga storia
La roccia si ergeva al centro di una piazzetta circolare, un luogo suggestivo, una zona di grande interesse urbanistico edificata negli anni ’20 dopo un lungo studio, conosciuto come Piano di Töölö, su cui vari ingegni si erano esercitati a partire dall’inizio del Novecento.
La città in espansione aveva bisogno di alloggi eleganti, anche per ospitare la nuova classe dirigente di un Paese fresco di indipendenza (1917). Il concorso, in varie sessioni, aveva visto lo scontro fra teorie diverse, tra il classicismo geometrico di Gustav Nyström e il progetto più “organico” di Lars Sonck.
Si arrivò a un compromesso, che conferì alle strade del distretto quel carattere sobrio, quasi rinascimentale nei suoi blocchi regolari e omogenei, ma insieme con un movimento sinuoso delle strade e delle piazze che si adattano alle irregolarità del terreno roccioso, come nella piazzetta in questione.
Il concorso per la nuova chiesa, indetto nel 1936 (un primo, infruttuoso, s’era avuto nel 1932), fu vinto da Johan Sigfrid Sirén, l’architetto che aveva da poco licenziato il monumentale Parlamento. E monumentale, con l’alta facciata torreggiante, di mattoni rossi, in cima allo sperone di roccia, sarebbe stata la nuova chiesa (come si vede dal progetto archiviato) se non si fosse stati alla fine degli anni ’30. La guerra arrivò con una serie di esigenze più urgenti che impedirono al progetto di andare avanti.
Il lungo conflitto, e la depressione che seguì, fecero rimandare il tutto, fino al 1960-61, quando si rifece il concorso e stavolta i vincitori furono due giovani architetti, i fratelli Timo e Tuomo Suomalainen. Il progetto vincente, radicalmente diverso da quello di Sirén, veniva incontro a una serie di richieste sorte nel frattempo per la conservazione ambientale di un quartiere fin troppo antropizzato, come aveva sostenuto a suo tempo l’architetto Pauli Ernesti Blomstedt, che con tono apocalittico, al tempo di Sirén, aveva scritto che l’ultimo angolo naturale del quartiere veniva “gettato nelle fauci della balena”.
Si diede inizio ai lavori nel 1968, e nel 1969 si ebbe alfine una chiesa. Su quella che era rimasta per decenni semplicemente Temppeliaukio, la Spianata del Tempio.
L’interno: luci d’oriente
Una chiesa realizzata nello scavo all’interno della collinetta di granito, una cava dalle pareti grezze di forma tondeggiante destinata a costituire le pareti dell’edificio religioso. All’interno, l’impressione dominante è data dalla cupola rotonda di rame, che va a sormontare con la sua forma classica, perfetta, la struttura ellittica e apparentemente irregolare della “cava”. La combinazione di precisione matematica e di libertà espressiva, sottolineata dai raggi di cemento che dalla cupola si protendono verso la sommità della roccia, è la ragione di quella sensazione di dinamismo e leggerezza che si ha osservando con il naso in su questa Sistina del Nord. L’interazione del colore neutro delle pareti con la luminosità della cupola, accentuata dalla rotazione vertiginosa del lucernario, contribuiscono a far sentire ancor più in alto, come levitando, quell’enorme sole di rame che gravita a 13 metri sulla testa di chi osserva.
Una sorta di omaggio a Aton, la suprema divinità solare, parte integrante del celeberrimo “Sinuhe” di Mika Waltari, pubblicato appena vent’anni prima. Lo scrittore, casualmente, ha abitato a duecento metri di distanza dalla piazza della chiesa per quasi cinquant’anni, in una di quelle strade “irregolari”che avvolgono come un bozzolo la Temppeliaukion kirkko, a Tunturikatu 13. Lì morì nel 1979, dieci anni dopo l’ inaugurazione della chiesa.
Qualcosa di orientale avvertirono i tanti che criticarono ferocemente l’opera, durante la sua edificazione nel 1968: “Moschea nella roccia”, fu una delle critiche più violente. Ma si ricordano quegli studenti universitari di una associazione cristiana che impressero sui muri (“undici volte”, riportano le cronache dell’epoca) un rarissimo graffito nel paese di Strade Pulite: ci scrissero “Biafra”, lamentando tanto spreco di denaro in un momento in cui il tema della fame nel mondo era molto sentito nel mondo giovanile.
E manifestarono con cartelli su cui si leggevano frasi lapidarie come: “Da noi si celebrano funerali, da voi le nozze”. Ognuno ha avuto un suo ’68.
Tanti tipi di turisti
Le torme di turisti che assaltano oggi il monumento si calcolano oltre il mezzo milione all’anno, con punte nei mesi estivi che rendono la chiesa impraticabile. Osservando il loro comportamento, si notano differenze significative. Tutti fanno fotografie, quasi tutti il video in tondo, ruotando di 360 gradi come ballerine. Ma sono gli orientali a distinguersi, per comportamenti contrastanti.
I cinesi si scatenano in genere in gare di selfie, assumendo pose grottesche e cicalando in maniera del tutto irrispettosa. Segnalati bambini cinesi con trombette, senza alcun imbarazzo dei genitori. Evidentemente non trovano nel luogo alcun segno che ispiri loro un vago sentimento religioso. Per esempio il fonte battesimale, nel suo minimalismo, sembrerà poco più di un paracarro per chi abbia un’idea monumentale dei luoghi di culto.
Totalmente diverso il comportamento dei giapponesi, che si segnalano per un atteggiamento rispettoso e raccolto. È possibile, viene da pensare, che certi tratti di sensibilità animistica colleghino la loro tradizione scintoista con la filosofia che ha ispirato i due architetti finlandesi: per gli scintoisti una cascata, una roccia, possono essere forme di rivelazione dei “kami”. D’inverno, quando rivoli d’acqua colano lungo le pareti di roccia, finendo in una provvida canaletta, le candele accese contro queste cascatelle gentili danno anche ai meno ispirati un sentimento di intima spiritualità.
Un sentimento simile deve alimentare la passione profonda dei giapponesi per le storie dei muumit di Tove Janson, in cui, come sanno bene gli appassionati, nella vita selvatica dei protagonisti incontri con spiriti della terra (Haisuli) o dell’aria (Hattivatit) sono fenomeni pressoché ordinari.
Qualcosa del genere fa venire in mente una intervista a Timo Suomalainen (1931-1988), di tanti anni fa. L’architetto parlò dell’influenza, forse inconscia, che avrebbe avuto l’isola rocciosa di Suursari, in mezzo al Golfo di Finlandia, dove i due fratelli erano vissuti da piccoli, poi diventata territorio sovietico dopo la seconda guerra mondiale. Arrivati nella piazza, quella nuda roccia, sormontata da alberi e arbusti, si erge un po’ come un’”isola” selvaggia in mezzo a un territorio fortemente antropizzato. Un rifugio per meditare, per ascoltare concerti musicali; basta evitare la ressa dei turisti estivi ed ecco che l’isola diventa un approdo tranquillo. L’isola di roccia, ecco uno dei nomi che si poteva dare a una chiesa diventata famosa senza averne uno.
La foto di copertina è tratta da www.discoveringfinland.com. Siamo pronti a pagare i diritti del suo autore se richiesti.
Temppeliaukion kirkko
Lutherinkatu 3, 00100 Helsinki