Una cosa è certa: Luca Sturniolo è arrabbiato, sia come musicista e operatore dello spettacolo che per mesi si è visto privato della sua unica fonte di sostentamento: la musica da vivo, sia come individuo, che si sente lasciato nel buio, incapace di comprendere fino in fondo quello che è avvenuto e perché.
Luca ha passato buona parte della pandemia a casa, reinventandosi perfino per qualche settimana come home restaurant e preparando specialità genovesi per i vicini e insegnando canto, chitarra e basso online. Pochissimi invece sono i concerti che è riuscito a tenere. Questo gli ha dato l’opportunità di guardarsi dentro e di mettere in musica tutto quello che non andava:
“L’aria che si respirava durante la quarantena non era delle migliori, tante preoccupazioni, tante paure e incertezza che forse ha proprio aiutato a sviluppare l’umore dell’album… in quest’album volevo parlare delle paure più grandi dell’essere umano”.
Al telefono ci ha lasciato un messaggio fiume, dove si capisce perfettamente che l’ispirazione per In the Depth, il suo nuovo disco, è stata molto diversa da quello precedente. Se in The Dawn (2015), il suo primo album, dominava la chitarra acustica, le atmosfere erano rilassate e in qualche modo naturali, qui invece ci sono chitarre elettriche distorte intente a dilaniare melodie in tempi dispari:
“L’uso che ho fatto degli strumenti suonati al contrario, voci suonate al contrario, anche l’uso di certi suoni particolari mutuati dalla tradizione degli anni ’70, dei Moog e degli Hammond sono servite a dare una sensazione di smarrimento e di claustrofobia, di una situazione che non si comprende, dove il tempo si ferma…“
Chiaramente si tratta ancora di un disco di progressive rock suonato alla grande, ma è un progressive che a tratti si avvicina molto al metal, anche se restando be ancorato nella complessità degli arrangiamenti e delle sonorità del genere di origine. Il progressive nasce all’inizio degli anni settanta quando gruppi come i Genesis, gli Yes e i Gentle Giants, Il Balletto di Bronzo e la PFM in Italia e i Tasavallan Presidentti in Finlandia cominciano ad avvicinare il rock alla musica classica e a costruire pezzi sempre più complessi ed orchestrali, tramite l’uso dei sintetizzatori. Con questo disco, Luca scrive la sua opera rock in nove atti sul 2020, l’anno della peste nera, come si evince in questo inquietante video girato da Giacomo De Angelis, dove si vede una sorta di ironica danse macabre.
A proposito di Thoughest Battles, pezzo che chiude l’album, Luca dice che:
“è un invito a combattere a non ascoltare le voci che nascono dalla solitudine e dall’isolamento, le voci maligne, le voci che ti fanno vedere le cose da un punto di vista negativo e che ti mettono nella condizione di distruggerti. L’incentivo è ad alzarsi e a continuare!”
Il pezzo finisce con un bellissimo arpeggio acustico, come se stessimo per rivedere l’alba, the dawn.
Quello che speriamo per Luca, e per tutti i musicisti in Finlandia, è che la stagione estiva, anche tramite l’estesa introduzione dei vaccini, porti verso una ritrovata normalità. Proprio adesso la gente ha bisogno di uscire, avvicinarsi a un bancone di un pub e ballare, mentre Luca suona come se tutto il mondo dipendesse da lui.