Era il 2017 quando su queste pagine scrivevamo: “in Finlandia capita che in Parlamento ci si divida e si rompano consolidate alleanze per l’Alcool Act. Ogni Paese ha lo spirito che si merita.” All’epoca, in discussione era l’innalzamento del limite di volume alcolico nella vendita diretta di negozi e ristoranti dal 4,7 % al 5,5 %. Un evento, a queste latitudini.
Cosa è cambiato nelle abitudini finlandesi in materia di consumi alcolici?
Mentre il consumo totale ha registrato una costante tendenza alla diminuzione a partire dal 2005, certe abitudini dei finlandesi non sono cambiate di molto. Rispetto ad altri Paesi europei, per esempio, i finlandesi continuano a bere grandi quantità di alcol in una sola seduta, anche se la tendenza alla “ciucca” è leggermente in calo. In generale, cresce l’interesse per le bevande alcoliche più leggere e i giovani bevono meno rispetto alle generazioni precedenti. Il consumo di bevande alcoliche forti è diminuito negli ultimi decenni, e invece è aumentato il consumo di vino.
Questo dicono le statistiche, come pure che tra i Paesi nordici la Finlandia resta ai primi posti, superata solo dalla Danimarca (dove però non c’è il monopolio di Stato per la vendita di alcolici).
Come in Italia per altri fenomeni meno volatili, in Finlandia cronaca e politica condividono spesso il problema dell’alcolismo. Passano ere (in termini culturali) ma certe passioni restano, a marcare le differenze tra paesi che per altro si assomigliano sempre di più.
Dalle saune alla vodka di Kekkonen, al cedimento in aereo di un suo successore pure Nobel per la pace, al deragliamento su uno svincolo del più celebre scrittore nazionale, la storia della Finlandia moderna è puntellata di grandi figure che annegano, letteralmente, in una bottiglia. Era solo l’estate scorsa, quando Sanna Marin veniva ripresa in una clip durante una festa privata mostrandosi allegra anche se non troppo, a suo dire.
Sul tema sono stati scritti persino dei libri, ma ogni volta si resta almeno sorpresi dalla ripetizione sistematica di un già visto.
Adesso la bolla è scoppiata di nuovo, e riguarda un ministro dell’economia. Il fattaccio è così riassunto sul sito della televisione pubblica:
“Il ministro dell’economia Mika Lintilä (Partito di centro) è sospettato di essere stato sotto l’effetto dell’alcol nell’esercizio delle sue funzioni. Lintilä nega le accuse.”
Lapidario, viene da pensare. E invece tutto il contrario. Perché anche qui una valanga di interviste, commenti, dibattiti hanno imperversato per giorni su tutti i media, dall’autorevole Helsingin Sanomat (HS) ai blog di ogni colore.
Si tenga conto che siamo alla vigilia di elezioni politiche molto delicate: nel post-pandemia, con una guerra alle frontiere, problemi energetici gravi e un costo della vita che pesa sui cittadini, i partiti sanno che la risposta dell’elettorato può essere influenzata anche da fattori apparentemente secondari come quello in questione. E il partito di Lintilä, quello di Centro, tradizionale partito di governo in tutte le salse, è tra quelli in crisi da tempo, e dunque è seriamente preoccupato dalle conseguenze di questo scandalo. In effetti, si insinua che le voci siano frutto di una lotta interna al Partito di Centro – la circoscrizione di Vaasa di Lintilä è in pieno fermento per l’assegnazione di seggi parlamentari – oppure potrebbe essere una calunnia messa in giro dal Partito Socialdemocratico (in calo nei sondaggi).
Ovviamente il suo segretario di partito, Annika Saarikko, si è precipitata a dirsi soddisfatta del modo in cui Lintilä ha gestito le funzioni di ministro. Ma, interrogato sul tema, il ministro dichiara: “È vero che Annika me lo chiese, perché all’epoca c’erano state delle voci, se c’era qualcosa di vero, e io risposi di no”. Excusatio non petita.
La stampa non è stata altrettanto comprensiva. Dopo un precedente già segnalato nell’agosto del 2020 per un comportamento aggressivo durante una trattativa del governo sul lockdown, il tabloid Iltalehti ha riferito che anche successivamente il ministro era stato notato in stato di ebbrezza durante una serie di incontri governativi.
L’imputato (sui media) si è difeso sostenendo di avere sempre adempiuto ai suoi doveri istituzionali, ma la stampa ha ricordato certi suoi vuoti di memoria. Ad esempio, nella primavera del 2021, Lintilä si era mostrato sorpreso dichiarando di non sapere nulla della strategia di uscita del governo dal lockdown contro la pandemia. Alcune e-mail recuperate da Iltalehti mostravano che, invece, quell’informativa era arrivata per tempo a Lintilä.
Un altro caso di smemoratezza, se non si tratta di un complotto, esplode solo la settimana scorsa: dall’account Whatsapp di Lintilä un messaggio irridente sul conto del Primo ministro Sanna Marin era stato inviato alla chat del gruppo parlamentare del partito. Ci ha pensato il solito Iltalehti a riportare il caso. Spiegazione del ministro: il suo account era stato hackerato. Eppure, come riferisce HS, un messaggio che spiegava l’incidente era stato inviato dall’account Whatsapp “hackerato” di Lintilä allo stesso gruppo Whatsapp la sera stessa.
Tra il meme umoristico inviato dall’account e il messaggio di spiegazione del meme sono passate meno di tre ore.
Gli esperti informatici consultati hanno messo in dubbio la spiegazione del ministro. Un rappresentante del gigante tecnologico Meta, i cui prodotti includono il servizio di messaggistica Whatsapp, ha assicurato in un’intervista rilasciata venerdì a HS che nessuno può entrare nei messaggi di Whatsapp. “L’unico punto debole è l’utente”, ha dichiarato venerdì il portavoce di Meta, Aura Salla.
Ma il caso più imbarazzante riportato con dovizie dal più noto quotidiano nazionale è quello del maggio 2022, quando le massime autorità del Paese, in testa il Presidente della Repubblica Sauli Niinistö e la signora, si recarono in Svezia per una visita di Stato.
Era un momento particolarmente delicato, essendo passati solo pochi mesi dalla invasione russa in Ucraina. Durante quell’incontro, Finlandia e Svezia decisero di chiedere insieme l’adesione alla NATO. La delegazione finlandese comprendeva, tra gli altri, proprio il ministro dell’Economia Lintilä e alcune figure di primo piano del mondo degli affari.
La cena si era tenuta nel Palazzo Reale. Secondo diverse persone presenti, Mika Lintilä era arrivato all’ultimo minuto. E secondo alcune voci lo si era dovuto accompagnare prelevandolo dalla sua stanza. Nel dopo cena, mentre i dignitari socializzavano, Lintilä si era dimostrato, secondo un testimone, chiaramente più allegro degli altri. Intervistato da HS, il ministro risponde:
“Il motivo per cui ho quasi perso l’inizio della cerimonia è che non avevo il frac. Siamo arrivati in ritardo e m’è toccato indossare il frac. E poi quella croce del Re di Svezia sul vestito con tanto di nastri e il resto. Insomma sì, è stato un problema puramente tecnico”.
HS ha chiesto a Lintilä se qualcuno è venuto a prenderlo nella sua stanza d’albergo. “No. Nel corridoio mi è venuto incontro il mio assistente, se ben ricordo”. Aveva bevuto alcolici prima di quella cena? “Ho bevuto solo un lonkero durante il volo”. Ma non era ubriaco? – “No”.
A colpire il lettore non finlandese è soprattutto l’insistenza, a momenti poliziesca, con cui un reporter incalza un ministro su una tematica apparentemente così banale. Viene da pensare, a chi segua questo episodio dall’Italia, che davvero ogni Paese si accanisce contro i suoi tabù. Le inchieste giudiziarie e giornalistiche sulle “serate eleganti” di Berlusconi risultavano sorprendenti dalla Finlandia come, in Italia, queste sulle “serate allegre” del mondo politico finlandese.
L’accanimento di chi indaga è forse spiegabile con l’importanza di certi argomenti in contesti culturali così diversi, dove differenti passioni trovano un oggetto del desiderio abbastanza resistente nel tempo e quasi indifferente alle mutate condizioni di vita. Forse tra una generazione o due, questi tabù non saranno più appannaggio di un Paese o dell’altro. Per ora la differenza rimane. Ma pur cavalcando passioni differenti, lo scopo, probabilmente, resta uguale: disarcionare un politico.
(Per le foto utilizzate siamo pronti a far fronte alle richieste di diritti)