In finlandese sta per “mamma”. Con la sua nasale bilabiale, l’italiano mamma si allinea diligentemente all’offerta fonetica delle altre lingue: mother, Mutter, mère, madre, мать e via di emme in emme fino al coreano eomeoni o al vietnamita mẹ.
I finlandesi, invece, hanno pensato bene di andare contro le regole della comunicazione iscritte nelle nostre cellule, costringendo i neonati a inaugurare la loro esperienza linguistica con una sfrontata vocale anteriore, la ä di äiti: qualcosa di simile al rantolo di un agonizzante. L’approccio pedagogico è il medesimo del bebé nel passeggino sul balcone a -20 gradi centigradi o dei giochi all’aria aperta sotto una pioggia battente: se il bambino si abitua da subito alle condizioni più avverse, svilupperà una invidiabile capacità di adattamento grazie alla quale potrà ad esempio cantare brani di Ligeti e Stockhausen sotto la doccia.
In realtà le istanze dell’amorevole e premurosa consonante mammale non sono rimosse ma semplicemente deputate alla generazione precedente: la nonna non è solo una “grande äiti” qualsiasi ma, soprattutto, una mummo. Ecco infatti che, alle nostre “polpette della mamma” corrispondono le “mummon lihapullat”, le succulente polpettine della nonna, e frasi quali “non mi mangi abbastanza”, “copriti che poi ti prendi un accidente”, “quando ti sposi ‘ste polpette te le sogni” è più facile sentirle nella dimora della nonna (vedi mummola) che a casa propria. Non sappiamo se l’antica civiltà finnica fosse o meno una ginecocrazia ma, di sicuro, oggi come un tempo di äiti ce n’è una sola, di mummo anche due. (m.g.)